All’alba del XVI secolo le dinamiche tra i grandi stati europei si intrecciano con due nuove vicende che si propongono in maniera prorompente: la crescente critica nei confronti dello Stato della Chiesa (che sfocerà nei nuovi ideali religiosi proposti nella Riforma attuata da Martin Lutero) e le grandi capacità commerciali, dovute soprattutto all’ammodernamento delle flotte mercantili capaci ora di compiere viaggi molto più lunghi verso l’Oriente (aggirando il dominio e le tassazioni arabe per le merci commerciate via terra) e soprattutto verso i nuovi territori appena raggiunti dalla spedizione di Colombo, il Nuovo Mondo.
Se la Riforma comporterà più di un trentennio di scontri e conflitti, le nuove rotte del commercio aprirono un nuovo orizzonte di ricchezza e guadagno, con la crescita esponenziale di tutte quelle attività che si trovavano nei maggiori porti di tutta Europa, dove attraccavano senza sosta galeoni carichi di oro, spezie, tessuti e materiali preziosi da ogni angolo della Terra.
Spicca in questo nuovo mondo approcciante ad una prima “globalizzazione” una figura figlia di una grandiosa politica matrimoniale attuata dai sovrani di tutta Europa di cui è il più importante risultato. Erede d’Aragona (e del Regno di Napoli) e di Castiglia (con i territori oltreoceano) da parte di madre (Giovanna la Pazza) e della corona imperiale, i domini degli Asburgo e le Fiandre da parte di padre (Filippo il Bello), nel 1519, a soli 19 anni, quando Carlo d’Asburgo (già re di Spagna nel ’16) viene eletto imperatore con il nome di Carlo V controlla un territorio immenso, su 3 continenti, cosa che non accadeva in Europa dai tempi di Carlo Magno.
Un dominio talmente grande da essere apostrofato come “il regno sul quale non tramontava mai il Sole“ (e possedendo territori in Europa e in Sud America il parallelismo geografico è di facile interpretazione).
Di questo immenso dominio non tutto però fu suo di diritto: sebbene fosse erede diretto dell’imperatore, il nonno Massimiliano, il trono del Sacro Romano Impero era una carica elettiva, come previsto dalla Bolla d’oro, uno degli editti imperiali più importanti, emanata nel 1356.
L’Imperatore veniva eletto indipendentemente dal volere del Pontefice di Roma da un’assemblea formata da sette membri, quattro laici (Principe Elettore del Palatinato, Brandeburgo, Sassonia e Boemia) e tre ecclesiastici (gli arcivescovi di Colonia, Treviri e Magonza).
Sebbene non fosse interpellato nell’elezione era lo stesso Papa ad incoronare ufficialmente il nuovo Imperatore che, dalla sua elezione fino a quel momento, aveva solamente il titolo di Re dei Romani.
La carica imperiale faceva naturalmente gola all’altro grande sovrano europeo, acerrimo rivale di Carlo, il re di Francia Francesco I, e i due se la contesero a suon di fiorini d’oro.
I due candidati si equivalevano agli occhi dei principi elettori, e se il primo era nipote del defunto imperatore il secondo aveva i favori del papa Leone X, intimorito dai possedimenti in sud Italia di Carlo.
Evidentemente il pagamento effettuato in anticipo rispetto all’elezione e l’offerta troppo bassa di Francesco non poterono competere con quella di Carlo, che finanziato da numerosi banchieri (in particolare dalla ricchissima famiglia Fugger di Augusta che gli fornì quasi i 2/3 della somma totale) mise sul piatto 850.000 fiorini d’oro zecchino da 24 carati.
Fu incoronato imperatore solamente 10 anni dopo l’incoronazione ad Augusta, a Bologna nel 1530 da papa Clemente VII per via della lunga guerra che vide opposte l’Impero e gli altri stati europei (tra cui proprio lo Stato della Chiesa) che si concluse nel 1527 con il Sacco di Roma da parte dei Lanzichenecchi.
Nonostante le grandi vittorie militari (anche contro Francia e Impero Ottomano) Carlo dovette arrendersi davanti alle nuove ideologie della Riforma e il fallimento della Controriforma, che fece crollare la sua visione utopica del suo regno come unione pacifica di tutti i popoli.
Nel 1555 si vide costretto a firmare la Pace di Augusta con la Lega di Samalcanda (formata dai principi tedeschi protestanti) affermando il diritto di ogni popolazione di professare la religione del proprio sovrano (riassunta dall’espressione “cuius regio eius religio“).
Crollato il suo sogno, Carlo abdicò nel 1556 e divise il suo immenso regno tra il figlio Filippo (re di Spagna, Napoli, Sud America e Fiandre con il nome di Filippo II) ed il fratello Ferdinando (a cui cedette la corona imperiale) e si ritiro’ in un convento, dove attese la sua morte, nel 1558.
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