L’Italia post-unitaria contro i briganti

Tempo di lettura: 3 minuti Nella seconda metà dell’800, l’Italia, divenuta il Regno d’Italia, costituiva una realtà molto difficile, con diversità e lacerazioni al proprio interno.
Tempo di lettura: 3 minuti

Nella seconda metà dell’800, l’Italia, divenuta il Regno d’Italia, costituiva una realtà molto difficile, con diversità e lacerazioni al proprio interno.

Vi erano differenze abissali tra il nord e il sud e la gente abitualmente parlava di “due Italie distinte”: si era convinti che esistessero due civiltà opposte e incapaci di fondersi. In questo mare di diversità, l’Italia meridionale si trovava dinanzi a un problema molto preoccupante in via di espansione: il problema del brigantaggio!

Questa realtà ci porta a capire che le condizioni di vita nel sud della penisola erano disastrose e il governo dell’epoca inadeguato a fronteggiare la dura realtà.Il Meridione era visto da molti come una parte dell’Africa più che una parte dell’Italia e gli abitanti erano considerati come beduini dalla lingua incomprensibile. Uno dei molteplici motivi che portava la gente ad avere l’opinione dell’esistenza di due civiltà lontane tra loro, era certamente il fenomeno del brigantaggio.

I briganti, che in generale operavano in bande, dimoravano sui monti del Mezzogiorno e intorno agli anni ’60 divennero più numerosi e più potenti; alcuni affiliati erano molto giovani e tra di essi vi erano anche diverse donne. Queste bande nacquero a causa della povertà e per le difficili condizioni sociali di quei luoghi; i briganti cominciarono a rapinare, a uccidere e a estorcere le proprietà ai ricchi a partire dall’estate del 1861.

Si ritiene che il banditismo sia sorto come forma di protesta da parte degli agricoltori, i quali con il cambiamento del governo non godettero di alcun beneficio; infatti, quest’ultimo vendette all’asta le terre e aumentò le tasse e per questo, oltre che per paura, i contadini sostennero i briganti.

Il brigantaggio fu fomentato anche da ufficiali e militari rimasti fedeli alla dinastia dei Borboni, i quali guidavano i movimenti dei fuorilegge e avevano paura di perdere il proprio rango nella società; inoltre c’erano i ricchi proprietari terrieri che davano man forte ai banditi anche perché avevano timore di loro! Se i proprietari di terre erano davvero così ricchi, forse avrebbero potuto disporre di un esercito personale per proteggersi dai briganti.

Dopo diverse vicende, dovette scendere in campo l’esercito reale, che aveva a capo il generale Enrico Cialdini (1811-1892) duca di Gaeta; in quel conflitto, che fu molto violento, visto che i briganti erano arrivati a formare un vero e proprio popolo, si videro impegnati oltre centoventimila soldati. Nel 1863 fu approvato lo stato d’assedio per la repressione del brigantaggio dal deputato e avvocato aquilano Giuseppe Pica (1813-1887) e le avanzate dei briganti furono sedate dall’intervento militare. Il brigantaggio, sorto a causa del malcontento della popolazione, si sarebbe potuto evitare? Fu davvero così difficile per il governo post-unitario stare accanto ai cittadini per soddisfarne i bisogni?

Il medico Luigi Carlo Farini (1812-1866) era solito affermare che l’annessione del Mezzogiorno sarebbe stata “la cancrena del rimanente Stato”. Se il Mezzogiorno era una cancrena, cos’era invece un governo lontano dai bisogni di un cittadino? A ben pensarci, anche l’Italia di oggi è corrosa dalla criminalità e non solo al sud. Quindi era e continua a essere sbagliato parlare del Meridione come unica fonte del male del nostro paese.

Fonti:
Alberto Maria Banti, Il Risorgimento italiano, Laterza
Gaetano Cingari, Brigantaggio, proprietari e contadini nel Sud (1799-1900), Reggio Calabria, Editori Riuniti, 1976.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *