Al giorno d’oggi risulta molto difficile informarsi sui reali cambiamenti geopolitici che ci circondano, specie in un mondo globalizzato fino al midollo, dove abbiamo l’imbarazzo della scelta su quale sito d’informazione recarci, quale programma guardare e quale esperto seguire. Non riusciamo addirittura a capire cosa sta succedendo in Italia dal punto di vista politico ed economico, figuriamoci riuscire a comprendere cosa sta accadendo fuori dal nostro piccolo stivale, dove ogni stato influisce continuamente su un altro, giorno dopo giorno! E’ da questi presupposti di indefinitezza che bisogna partire per affrontare uno studio oggettivo del fenomeno IS (meglio conosciuto col nome di ISIS). Per capire gli antefatti, la nascita e la diffusione di quello che può essere definito a tutti gli effetti uno Stato, bisogna scrollarsi di dosso ogni contaminazione mediatica, ogni considerazione personale ed ogni voce giunta alle nostre orecchie chissà da dove…
Partendo da presupposti geopolitici che quasi tutti conosciamo, l’attuale realtà dei fatti risulta essere la seguente: Nel 2013 Al-Baghdadi dichiara la nascita del suo Califfato jihadista con un editto ufficiale. Il suo progetto è basato sulla religione islamica, avendo in sé la prerogativa di unire tutti i sunniti del mondo sotto un unico stato ed eliminando gli storici nemici sciiti. L’obiettivo è semplice: cancellare i confini tra gli stati creati dalle potenze occidentali in Medio Oriente per ricreare Al-Sham, il grande impero del Levante Arabo. Tali stati (Siria, Giordania, Cisgiordania, Arabia Saudita, Iran, Iraq ma anche Algeria, Tunisia, Libia) sono avvertiti dai radicali islamici come una vera e propria imposizione occidentale per dividere e spezzettare la comunità dei fedeli di Maometto (la cosiddetta Umma).
Per realizzare il suo piano, Al-Baghdadi può contare sui molti volontari occidentali: si tratta di musulmani di seconda/terza generazione immigrati in ex stati coloniali (Francia e Inghilterra soprattutto) ed ora cittadini europei. Oltre a ciò il Califfo si è attivato nel reclutare guerriglieri da tutto il mondo in cambio di donne, soldi e appartamenti a Raqqa, i cosiddetti Foreign Fighters, un fenomeno che si sta estendendo sempre di più. Ma andiamo più nel profondo: da dove potrebbe essersi generato il fenomeno Isis? Chi potrebbe finanziare il Califfo? Chi è Abu Bakr al-Baghdadi? Cos’hanno a che fare Usa, Turchia, Russia e stati arabi in tutto ciò? Partiamo!
GENESI: Il gruppo terrorista al-Qaida inzia a perdere colpi dopo l’arrivo delle truppe americane nel 2003 in Iraq ad opera di Bush (inizio della Seconda Guerra del Golfo) e Osama Bin Laden nomina al-Zawahiri proprio erede alla guida del gruppo. A Zarqa (Iraq), emerge intanto la figura di Abu Musab al-Zarqawi che vuole modificare il terrorismo islamico in un dominio sunnita sull’Islam. Al-Zarqawi cambia nome al suo gruppo (al-Jama’at al-Tawhid wa al-Jihad) trasformandolo in al-Qaida in Iraq ma viene eliminato dagli americani nel 2006. Poco dopo anche Osama Bin Laden viene ucciso ad Abbottabad nel 2010. All’interno di al-Qaida in Iraq, che nel frattempo ha acquisito vasti territori sotto la successiva guida di Abu Omar al-Baghdadi cresce la nuova figura candidata a guida del movimento terrorista: Abu Bakr al-Baghdadi. Egli, una volta scomparso Abu Omar, continuerà sulla scia di al-Zarqawi a compiere stragi di sciiti e ad assoggettare comunità sunnite in Iraq, forte del loro consenso grazie alle continue rivolte di questi anni contro il regime filo-iraniano (e quindi filo-sciita) di al-Maliki, in carica dal 2005 al 2014. Indebolendo i movimenti filo-occidentali e inasprendo i sentimenti delle comunità sunnite, con un appoggio totale a Teheran, al-Maliki si inimica le tribù sunnite, che diventeranno così importanti e dominanti tanto da essere oggi il fulcro del sistema politico del Califfato. Esse infatti, decideranno di affidarsi al controllo sunnita di Abu Bakr piuttosto che sottostare ad un regime sciita iracheno e soccombere alla lenta e incontrollata invasione dell’Iran.
TRA AL-QAIDA E ISIS: Nel periodo di tempo che intercorre tra il 2004 (periodo di sfaldamento di Al-Qaida) e il 2011 (l’inizio della creazione dell’Isis) sono iniziati e terminati una vastissima serie di avvenimenti, di cui è impossibile parlare solo in questo articolo. Bisogna anzitutto concepire il Medio Oriente come luogo ideale di una serie di tribù all’interno e, allo stesso tempo, luogo globalizzato grazie a grandi città costiere, locate in vari punti strategici. In tutti questi luoghi i religiosi islamici si dividono in sunniti e sciiti, in perenne contrasto. Tali attriti sorsero dopo la morte di Maometto che, in mancanza di indicazioni su un suo successore, aprì la lotta tra il gruppo degli sciiti (legati alla parentela di sangue con Maometto) e quello dei sunniti (che cercano buoni amministratori come eredi). Oggi i governi di Iraq, Siria, Iran, Arabia Saudita e altri stati arabi si alternano e modificano la loro posizione politica-religiosa a favore o degli uni o degli altri. Fino al 2003 la maggior parte delle tribù sunnite erano finanziate e controllate da Saddam Hussein ma, dopo l’invasione americana, al-Qaida assunse il ruolo di guida per esse. Solo nel 2007 il generale Petraeus, sotto fondi statunitensi, riuscì ad unire alcune di questi gruppi in un Movimento del risveglio sunnita (su base occidentale), finanziandoli economicamente. Nel 2011 i soldati americani vengono però richiamati dall’amministrazione Obama, sicuro della vittoria contro il nemico di sempre: prima Saddam Hussein e poi Osama Bin Laden. Purtroppo però la storia è un continuo susseguirsi di vuoti di potere e di nascita di imperi, così, dal 2011 al 2013, Abu Bakr al-Baghdadi (sulle orme di al-Zarqawi) si presentò come unica guida (di fatto lo era) per i clan tribali sunniti e si inserì vorticosamente in questo grande vuoto di potere. Egli, uscito da poco dal carcere statunistense, punta a portare dalla sua parte tutti gli ex guerriglieri iracheni fedeli a Saddam e, col passare del tempo, ci riesce.
Proprio in questo periodo però, la tensione in Siria sale alle stelle e scoppia la guerra civile che vedrà opporsi le truppe della Repubblica di Baššār al-Asad alla Coalizione Nazionale Siriana, insieme (ma tutti separati l’un l’altro) alla novità composta dagli emergenti gruppi islamici di al-Nusra, Isis e, nei conflitti a nord, dal DBK Curdo. Le potenze occidentali ed orientali, con evidenti interessi economici, si schierano contro e a favore di Assad (Usa, Francia, Inghilterra e stati Nato contro e Iran, Russia, Iraq e Cina a favore). La strategia americana in Medio-Oriente si rivela fallimentare e, dopo la lotta a Saddam e Bin Laden, richiederà un nuovo intervento contro Assad, questa volta con un pericolo in più nel panorama bellico: i gruppi terroristici di al-Nusra e Isis.
ISIS VS AL-NUSRA: Infatti nel 2011 al-Zawahiri si inserisce nella guerra civile siriana, creando il gruppo terrorista al-Nusra ma al-Baghdadi lo raggiunge poco dopo, trasformando nel 2013 il gruppo di al-Qaida in Iraq nell’Isis (Stato Islamico dell’Iraq e del Levante). Entrambi i gruppi puntano alla conquista della Siria per farne una roccaforte contro gli stati occidentali e non vi era occasione di farlo prima della grave guerra civile siriana. L’Isis si impegna fin da subito in una feroce politica contro Al-Zawahiri, considerato un ribelle. Intanto i terroristi di Boko Haram (in Nigeria) si alleano con al-Baghdadi, che si propone come l’unica vera guida islamica, volta a creare un nuovo stato retto dalla Shari’a, il Califfato. Nel Califfato non c’è spazio per gli sciiti che risultano dividere la religione musulmana in due blocchi distinti, all’interno dell’unica grande comunità dei credenti, la Umma. Nella storia contemporanea abbiamo già assistito alla nascita di organizzazioni politiche islamiche, come Fratelli Musulmani in Egitto, divenuta poi un’associazione in armi volta a creare un Califfato proprio e perciò bandita dal governo. Proprio su questa base Abu Bakr starebbe pianificando la sua attuale politica.
E ORA? Il gruppo IS di al-Baghdadi si è fortemente potenziato a scapito di al-Nusra, che appare assai ridimensionato allo stato attuale del conflitto. Il gruppo del Califfo inoltre, ha dalla sua parte un’ottima organizzazione sociale, economica e… informatica! Esso infatti non dev’essere più considerato come il classico gruppo di terroristi palestinesi, figlio della povertà e del sottosviluppo. Nel Califfato vi sono personalità molto importanti: dagli ex militari e membri dell’intelligence irachena di Saddam Hussein, ai giovani esperti in armi provenienti dall’Europa o da famiglie di fede islamica del Medio Oriente. La jihad che viene fuori da questa nuova organizzazione è, oggi più che mai, soprattutto di tipo digitale. Non avendo una precisa collocazione geografica per sfuggire ai raid russi, francesi e statunitensi, i membri del Califfato sono particolarmente abili a progettare attentati, coordinare attacchi in molte zone europee (l’ultimo in Francia è stato progettato in Siria) e sfuggire ai radar grazie alla tecnologia digitale. Insomma, sono finiti i tempi di al-Qaida, quando Bin Laden trasmetteva i suoi ideali da una postazione isolata con sbrigative strumentazioni. Oggi il Califfo ha a disposizione video di alta qualità per convertire alla sua causa molti giovani musulmani nonché una struttura organizzativa da vero e proprio stato: un sistema di tassazione, di lavori salariati e di istruzione nelle città che amministra. La struttura economica è basate e sviluppata attorno alle esportazioni di petrolio greggio e di opere d’arte trafugate dai vari siti archeologici conquistati. Inoltre non è più in dubbio che molti finanziamenti giungono annualmente all’IS da stati arabi per fermare l’avanzata delle potenze occidentali, da sempre viste con sospetto (si ricorderà a tal proposito la crisi petrolifera creata proprio da tali potenze negli anni 70). In particolare gli stati maggiormente interessati a finanziare e scambiare prodotti con i terroristi islamici risultano essere in primis la Turchia ed il Kuwait, seguiti da Arabia Saudita, EAU e Qatar.
L’opposizione al governo di Erdogan ritiene che egli abbia favorito la formazione e l’espansione dell’Isis nel 2013 per avere un controllo maggiore sul regime di Assad in Siria. Un dato che conferma tale alleanza è confermato dalla creazione, ad opera proprio del figlio di Erdogan Bilal, della Fondazione per i diritti dell’uomo, le libertà e l’aiuto umanitario (Ihh). Tale fondazione risulta essere una delle più convinte sostenitrici della raccolta fondi per appoggiare “gruppi armati all’estero”. Un altro dato che potrebbe farci comprendere meglio questa possibile alleanza turca-terrorista è il fatto che le tappe di un viaggio di un qualsiasi foreign fighter verso la Siria sia sempre il solito, ovvero: aereo per Istanbul o Ankara e autostrada fino ai confini meridionali della Turchia senza alcun tipo di controllo sulle frontiere. Il piano finale di Erdogan sarebbe quindi di diversificare le alleanze, bloccare Assad e le potenze occidentali con il finanziamento continuo ai gruppi terroristici (al-Nusra e IS in primis), fornire loro supporto e riportare l’influenza di Ankara sui territori siriani, per poi prendere in considerazione l’ipotesi di espandersi in Giordania e in Iraq.
Purtroppo in questo articolo non abbiamo le possibilità di dilungarci troppo su particolari argomenti, tuttavia spero di aver fornito una visione generale sulla genesi, l’espansione e l’attuale condizione dello Stato Islamico (IS) in Siria ed Iraq. Vi do quindi appuntamento ai prossimi articoli, che approfondiranno altri aspetti importanti di questi stravolgimenti geopolitici in Medio Oriente.
Di: Claudio Pira
Fonti:
Giovanni Parigi, Il califfato, ovvero l’arrocco sunnita in Siraq, La strategia della paura, Limes, 11/2015
Nicola Pedde, Teheran, Baghdad e i molti padri dello Stato Islamico, La strategia della paura, Limes, 11/2015
Maurizio Molinari, Il califfato del terrore. Perché lo Stato Islamico minaccia l’occidente, Rizzoli Libri, 2015, 156 p.
Patrick Cockburn, L’ascesa dello Stato Islamico. ISIS, il ritorno del jihadismo, Stampa Alternativa, 2015, 140 p.