La tratta degli schiavi bianchi che la storia ha dimenticato

Tempo di lettura: 5 minuti Cos'ha questa immagine che non quadra? Si vedono delle donne, in condizioni di schiavitù, messe in mostra per poi essere vendute. Ok, dal punto di vista storico tutto quadra ma... c'è solo un piccolo particolare che non va: le donne in questione sono di carnagione troppo chiara per poterle considerare vittime della Tratta Atlantica, la più famosa e fiorente (che molti immaginano essere l'unica) tratta degli schiavi, la quale permise ai mercanti europei ed africani di arricchirsi e di esportare schiavi neri ovunque. Infatti, quel che spesso viene dimenticato nei libri di storia sono sempre le eccezioni, che contribuiscono a formare un esempio alternativo di storiografia, aprendo la mente di chi la studia e donando i riconoscimenti dovuti a chi tenta di ricostruirla nel modo più oggettivo e diversificato possibile.
Tempo di lettura: 5 minuti
Cos’ha questa immagine che non quadra? Si vedono delle donne, in condizioni di schiavitù, messe in mostra per poi essere vendute. Ok, dal punto di vista storico tutto quadra ma… c’è solo un piccolo particolare che non va: le donne in questione sono di carnagione troppo chiara per poterle considerare vittime della Tratta Atlantica, la più famosa e fiorente (che molti immaginano essere l’unica) tratta degli schiavi, la quale permise ai mercanti europei ed africani di arricchirsi e di esportare schiavi neri ovunque. Infatti, quel che spesso viene dimenticato nei libri di storia sono sempre le eccezioni, che contribuiscono a formare un esempio alternativo di storiografia, aprendo la mente di chi la studia e donando i riconoscimenti dovuti a chi tenta di ricostruirla nel modo più oggettivo e diversificato possibile.

Le tratte schiavistiche

Nel corso dell’età moderna gli europei si impossessavano degli schiavi, spesso venduti direttamente dalle tribù africane (prigionieri di guerra, lavoratori agricoli dei sovrani, ladri o coloro che commettevano reati) oppure catturati sulle coste da loro stessi. Tuttavia anche i paesi musulmani avevano un loro fiorente mercato di schiavi, sviluppato soprattutto sulle coste dell’Africa orientale (la “Tratta del Mar Rosso”), dal Corno d’Africa fino all’odierno Mozambico, oppure attraverso il deserto (la “Tratta Transahariana”). Inoltre, anche in Africa settentrionale, sulle coste che si affacciano sul Mediterraneo, così come gli Arabi e i Turchi, anche i meno famosi “Stati Barbareschi” del Maghreb gestivano un altro commercio di schiavi, questa volta però bianchi e cristiani!
Tali “stati” si misero spesso al servizio del più grande Impero Ottomano, che anche in questo modo divenne il sovrano incontrastato di tutto il Nordafrica. Grazie ad azioni di pirateria o incursioni terrestri nelle isole, molte aree costiere europee divennero lentamente sempre più spopolate nel periodo che va approssimativamente dal 1300 al 1800 e ciò spiegherebbe anche la diffusa concentrazione della popolazione italica nelle aree appenniniche e montane fino all’avvento delle rivoluzioni industriali. Tale tratta di schiavi fu, bisogna ricordarlo, saltuaria nel tempo e non certamente al centro di un sistema economico studiato a tavolino ed estremamente complesso, come accadde tra i secoli XVI e XIX nella Tratta Atlantica degli schiavi africani.
Essa fu in ogni caso particolarmente vivace nella prima metà del XVI secolo, anche perché la recente perdita delle province spagnole aveva innescato un sentimento di revanscismo islamico che rendeva i pirati particolarmente audaci e motivati nelle loro azioni. Nel 1571 con la vittoria cristiana a Lepanto le incursioni subiscono una battuta d’arresto, per poi riattivarsi e divenire più assidue nel corso del XVII secolo.

I rapimenti

Venivano rapiti uomini, donne e bambini, i primi utilizzati per lavori manuali o arruolamenti coatti, gli altri come veri e propri schiavi, eunuchi o concubine, mentre molti ricchi mercanti ebrei furono catturati per ottenere lauti riscatti dalle famiglie. Quanto alle concubine, sappiamo che gli harem delle personalità più eminenti del mondo arabo potevano raggiungere delle dimensioni enormi. L’harem of Abdal Rahman III (912 – 961) era composto da 6.000 ragazze, di cui la maggior parte europee; quello dei Fatimidi presso il Cairo circa 12.000. All’inizio del X secolo, il Califfo di Baghdad possedeva 11.000 eunuchi, di cui 7.000 neri e 4.000 bianchi. I cittadini bizantini non facevano dunque una fine diversa da quella dei poveri africani. Sappiamo che il Califfo al-Mutasim lanciò nell’838 una campagna contro la città turca di Amorium, facendo talmente tanti schiavi da essere costretto a venderli a lotti di 5 o 10 per sbrigare velocemente le operazioni.

J.W. Brodman , in “Ransoming Captives in Crusader Spain: The Order of Merced on the Christian-Islamic Frontier”(1986), ci narra che:

Nell’attacco a Tessalonica del 903, i capi Arabi si spartirono o vendettero come schiavi 22.000 Cristiani. Quando il Sultano Al Arsalan devastò la Georgia e l’Armenia nel 1064, ci fu un massacro difficilmente quantificabile e tutti i sopravvissuti furono ridotti in schiavitù. Il Califfo Almoade Yaqub al-Mansur [il mecenate di Averroè] colpì Lisbona nel 1189, schiavizzando 3.000 donne e bambini. Il suo governatore a Cordoba attaccò Silves nel 1191, facendo 3.000 schiavi Cristiani.

Le aree geografiche

Comunque i paesi più colpiti dalla tratta degli schiavi erano la Spagna, l’Italia e i paesi slavi. I predoni si spingevano anche nell’entroterra, nel raggio di una decina di chilometri, tanto che in Italia l’etimologia di molte città siciliane deriva dalle incursioni saracene. Marsala, ad esempio, che in arabo era chiamata Marsa ʿAlī, “il porto di ʿAlī” o Marsa Allāh, ossia il “porto di Dio”, oppure Messina, Mūdhiqa (موذقة) e Ragusa, Rakkusa, che in arabo significa “luogo famoso per un sorprendente avvenimento”, probabilmente una battaglia. La stessa Sicilia araba venne rinominata Ṣiqilliyya. Anche nel linguaggio quotidiano sono rimaste certe espressioni che ricordano quegli avvenimenti: “mamma li Turchi”, “Turchi a mare”, “essere pigliato dai Turchi” si rifanno tutte alle conquiste arabe.

La situazione in altre parti dell’Europa costiera non era poi molto differente in questo periodo storico. Il resoconto più accurato ce lo fornisce Alexandrescu-Dersca Bulgaru in Le role des escalves en Romanie turque au XVe siecle, (1987):

70,000 abitanti furono ridotti in schiavitù durante la campagna di Mehmed II in Morea (l’attuale Grecia) nel 1460. Il francescano Italiano Bartolomeo di Giano (Giano dell’Umbria) parla di 60,000- 70,000 schiavi cattturati nel corso di due spedizioni degli akinðis in Transylvania (1438) e di circa 300,000-600,000 schiavi ungheresi. Se questi dati sembrano esagerati, altri sembrano più accurati: 7,000 abitanti ridotti in schiavitù dopo l’assedio di Tessalonika (1430), secondo John Anagnostes, e 10.000 abitanti portati via durante l’assedio di Mytilene (1462), secondo il Metropolitano di Lesbos, Leonardo di Chios.

Bisogna inoltre ricordare che, se da un certo punto di vista gli arabi vennero visti per molti anni come invasori e nemici, da un altro molti di essi, nel corso dei secoli, si integrarono e si adattarono alle usanze locali dei popoli conquistati o presso cui decidevano di stabilirsi. Per questo sono ricorrenti, soprattutto in alcuni documenti dell’epoca, matrimoni misti tra uomini e donne arabe e cristiane, in contrapposizione alle più ferree regole dell’Islam classico.

La fine delle tratte

Solo nel XIX secolo, con il lento e definitivo sfaldamento dell’asse islamico dapprima in Africa del nord e poi, verso l’inizio della Grande Guerra, in Medio Oriente, le attività arabe e piratesche si faranno via via sempre meno frequenti. Complici gli interventi francesi in Algeria, Marocco e Tunisia ed Egitto anglo-francese dal 1830 e italiani in Libia, dopo la Guerra Italo-Turca del 1911-12, la pirateria fu definitivamente debellata nel Mediterraneo. Inoltre, con la proibizione del traffico di schiavi fatta applicare dagli Europei, il cui dominio fu sempre più consistente in Africa nel XIX secolo, tutte le tratte schiavistiche si estinsero, da quella atlantica a quella transahariana, da quella dell’Africa orientale, gestita dai mercanti omani, a quella dell’Africa settentrionale degli stati barbareschi e del Sahara. Ciò, oltre a provocare lo sfaldamento di molte tribù e popoli (Zanzibar ad esempio) che facevano di esse la loro spina dorsale economica, creò una forte crisi nei rapporti tra europei ed africani e si corse subito al riparo cercando nuove merci da commerciare, come l’olio di palma o il caucciù. Esse, tuttavia, non raggiunsero mai lo sviluppo che ebbe l’economia schiavista durante l’età moderna.

Uno studio approfondito sull’argomento è il saggio Christian Slaves, Muslim Masters di Robert C. Davis, professore di Storia alla Ohio State University, non tradotto però in lingua italiana. Altri libri, sempre in inglese, sull’argomento sono: White Slavery in the Barbary States di  Charles Sumner oppure I barbareschi. Corsari del Mediterraneo di Jacques Heers. Il numero di testi riguardanti questo argomento è veramente esiguo (e spesso solo in lingua originale), tuttavia i titoli qui elencati sono comunque reperibili su Amazon o Ibs.

Fonti:
R.Davis, Christian Slaves, Muslim Masters: White Slavery in the Mediterranean, The Barbary Coast, and Italy, 1500-1800 (Early Modern History: Society and Culture), 2004.
Parker, Relazioni Globali nell’Età Moderna 1400-1800, Il Mulino, Bologna, 2012
J.Heers, I barbareschi. Corsari del Mediterraneo, 2003.
http://zweilawyer.com/2012/02/13/islam-e-schiavismo-una-storia-dimenticata/
https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_della_Sicilia_islamica

3 commenti

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