Le tratte schiavistiche

I rapimenti
J.W. Brodman , in “Ransoming Captives in Crusader Spain: The Order of Merced on the Christian-Islamic Frontier”(1986), ci narra che:
Nell’attacco a Tessalonica del 903, i capi Arabi si spartirono o vendettero come schiavi 22.000 Cristiani. Quando il Sultano Al Arsalan devastò la Georgia e l’Armenia nel 1064, ci fu un massacro difficilmente quantificabile e tutti i sopravvissuti furono ridotti in schiavitù. Il Califfo Almoade Yaqub al-Mansur [il mecenate di Averroè] colpì Lisbona nel 1189, schiavizzando 3.000 donne e bambini. Il suo governatore a Cordoba attaccò Silves nel 1191, facendo 3.000 schiavi Cristiani.
Le aree geografiche
Comunque i paesi più colpiti dalla tratta degli schiavi erano la Spagna, l’Italia e i paesi slavi. I predoni si spingevano anche nell’entroterra, nel raggio di una decina di chilometri, tanto che in Italia l’etimologia di molte città siciliane deriva dalle incursioni saracene. Marsala, ad esempio, che in arabo era chiamata Marsa ʿAlī, “il porto di ʿAlī” o Marsa Allāh, ossia il “porto di Dio”, oppure Messina, Mūdhiqa (موذقة) e Ragusa, Rakkusa, che in arabo significa “luogo famoso per un sorprendente avvenimento”, probabilmente una battaglia. La stessa Sicilia araba venne rinominata Ṣiqilliyya. Anche nel linguaggio quotidiano sono rimaste certe espressioni che ricordano quegli avvenimenti: “mamma li Turchi”, “Turchi a mare”, “essere pigliato dai Turchi” si rifanno tutte alle conquiste arabe.
La situazione in altre parti dell’Europa costiera non era poi molto differente in questo periodo storico. Il resoconto più accurato ce lo fornisce Alexandrescu-Dersca Bulgaru in Le role des escalves en Romanie turque au XVe siecle, (1987):
70,000 abitanti furono ridotti in schiavitù durante la campagna di Mehmed II in Morea (l’attuale Grecia) nel 1460. Il francescano Italiano Bartolomeo di Giano (Giano dell’Umbria) parla di 60,000- 70,000 schiavi cattturati nel corso di due spedizioni degli akinðis in Transylvania (1438) e di circa 300,000-600,000 schiavi ungheresi. Se questi dati sembrano esagerati, altri sembrano più accurati: 7,000 abitanti ridotti in schiavitù dopo l’assedio di Tessalonika (1430), secondo John Anagnostes, e 10.000 abitanti portati via durante l’assedio di Mytilene (1462), secondo il Metropolitano di Lesbos, Leonardo di Chios.
Bisogna inoltre ricordare che, se da un certo punto di vista gli arabi vennero visti per molti anni come invasori e nemici, da un altro molti di essi, nel corso dei secoli, si integrarono e si adattarono alle usanze locali dei popoli conquistati o presso cui decidevano di stabilirsi. Per questo sono ricorrenti, soprattutto in alcuni documenti dell’epoca, matrimoni misti tra uomini e donne arabe e cristiane, in contrapposizione alle più ferree regole dell’Islam classico.
La fine delle tratte
Solo nel XIX secolo, con il lento e definitivo sfaldamento dell’asse islamico dapprima in Africa del nord e poi, verso l’inizio della Grande Guerra, in Medio Oriente, le attività arabe e piratesche si faranno via via sempre meno frequenti. Complici gli interventi francesi in Algeria, Marocco e Tunisia ed Egitto anglo-francese dal 1830 e italiani in Libia, dopo la Guerra Italo-Turca del 1911-12, la pirateria fu definitivamente debellata nel Mediterraneo. Inoltre, con la proibizione del traffico di schiavi fatta applicare dagli Europei, il cui dominio fu sempre più consistente in Africa nel XIX secolo, tutte le tratte schiavistiche si estinsero, da quella atlantica a quella transahariana, da quella dell’Africa orientale, gestita dai mercanti omani, a quella dell’Africa settentrionale degli stati barbareschi e del Sahara. Ciò, oltre a provocare lo sfaldamento di molte tribù e popoli (Zanzibar ad esempio) che facevano di esse la loro spina dorsale economica, creò una forte crisi nei rapporti tra europei ed africani e si corse subito al riparo cercando nuove merci da commerciare, come l’olio di palma o il caucciù. Esse, tuttavia, non raggiunsero mai lo sviluppo che ebbe l’economia schiavista durante l’età moderna.
Uno studio approfondito sull’argomento è il saggio Christian Slaves, Muslim Masters di Robert C. Davis, professore di Storia alla Ohio State University, non tradotto però in lingua italiana. Altri libri, sempre in inglese, sull’argomento sono: White Slavery in the Barbary States di Charles Sumner oppure I barbareschi. Corsari del Mediterraneo di
Fonti:
R.Davis, Christian Slaves, Muslim Masters: White Slavery in the Mediterranean, The Barbary Coast, and Italy, 1500-1800 (Early Modern History: Society and Culture), 2004.
Parker, Relazioni Globali nell’Età Moderna 1400-1800, Il Mulino, Bologna, 2012
J.Heers, I barbareschi. Corsari del Mediterraneo, 2003.
http://zweilawyer.com/2012/02/13/islam-e-schiavismo-una-storia-dimenticata/
https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_della_Sicilia_islamica
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