Le due Rivoluzioni che hanno cambiato la Storia

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Rivoluzione: “il processo rapido, e per lo più violento, attraverso il quale ceti, classi o gruppi sociali, ovvero intere popolazioni, sentendosi non sufficientemente rappresentate dalle vigenti istituzioni, limitate nei diritti o nella distribuzione della ricchezza che hanno concorso a produrre, sovvertono tali istituzioni al fine di modificarle profondamente e di stabilire un nuovo ordinamento.”

Quando si cita l’argomento, non si può fare a meno di pensare a due particolari eventi che hanno sconvolto la società contribuendo a compiere quei particolari cambiamenti che hanno prodotto il mondo che oggi conosciamo, che apprezziamo o che odiamo, ma nel quale inevitabilmente viviamo. Questi eventi sono la rivoluzione francese e quella russa che seppur profondamente differenti, hanno molti più parallelismi di quel che si possa credere.

Per mettere a  confronto questi avvenimenti, non si può non citare la politica dell’assolutismo monarchico nella quale la Francia era immersa a fine settecento e parallelamente il regime zarista che si avvicina molto al sopracitato assolutismo francese. Sia Luigi XVI, re di Francia che Nicola II Imperatore della Russia esercitavano il loro potere incontrastati in linea con l’ordine dell’ Ancien Régime senza alcuna costituzione che proteggesse i diritti dei cittadini. Entrambi dunque, dovettero affrontare la nascente classe sociale , rispettivamente borghesia che reclamava principalmente diritti di cui non godeva e operaia che pretendeva soprattutto una distribuzione della ricchezza che avevano concorso a produrre. In questo modo sembra quasi che nelle due rivoluzioni si distinguano due classi sociali ben distinte tra loro, però, non bisogna dimenticare che anche per la rivoluzione russa fu decisivo il ruolo della borghesia e di una frangia di uomini che credeva nelle possibilità di una monarchia costituzionale.  Contrariamente a quel che si pensa comunemente, i tumulti nelle fredde terre russe cominciarono ben prima dei moti rivoluzionari del 1917, cioè già nel 1905, quando a seguito della famosa domenica di sangue dove l’esercito zarista aprì il fuoco contro dei civili in protesta, Nicola II si vede costretto ad accettare l’istituzione di una Duma (un parlamento) e di una sorta di costituzione mentre nella rivoluzione del febbraio 1917 viene instaurato un governo provvisorio di tipo liberale che verrà a sua volta rovesciato solo qualche mese dopo, durante la famosa rivoluzione d’ottobre ad opera dei bolscevichi.  Analogamente, in Francia, prima di passare al regime del Terrore, i rivoluzionari si mossero in direzione di una monarchia costituzionale e il Re Luigi XVI si vide costretto a giurare fedeltà alla costituzione, pur di avere salva la propria vita.

Un altro punto in comune per i due avvenimenti, infatti, fu la necessità non solo di destituire il potere monarchico attraverso l’omicidio del reggente della sovranità di stato, ma addirittura di legittimare tale azione. E’ il caso del famoso discorso di Robespierre sulla pena di morte per il re. Quando Luigi XVI fu ritenuto colpevole di essere un vero e proprio nemico della nazione dopo la fallimentare e rocambolesca fuga verso Varennes, si aprì nella neo Francia repubblicana il lungo dibattito. Secondo Robespierre il Re essendo ancora in vita poteva solo “turbare la tranquillità dello stato e metterne in pericolo la libertà”. Fu così che con il ghigliottinamento dell’ex-sovrano, i giacobini si aprirono la strada per il loro Regime del Terrore caratterizzato da una politica di tipo repressivo. Una situazione analoga viene a verificarsi nel 1917 in Russia dove in piena rivoluzione i bolscevichi guidati da Lenin si macchiano dell’omicidio dello zar Nicola II. Proprio come nella Francia rivoluzionaria, anche in Russia la presenza del precedente garante della sovranità di stato rappresentava una minaccia stessa per la rivoluzione in atto. L’abbattimento del monarca apre la strada a un regime autoritario nel primo caso e addirittura totalitario nel secondo.

Come se non bastasse le analogie non terminano qui. I presupposti da cui queste due forme politiche si ispirano sono correnti filosofiche di un certo spessore la cui male interpretazione ha generato atroci e sanguinose conseguenze nei paesi coinvolti. Il Regime del Terrore si ispira agli scritti di Rousseau mentre la rivoluzione russa segue l’ideologia di stampo Marxista. Per Robespierre l’avvento della Repubblica è necessariamente l’avvento di un mondo di valori morali. Il politico francese inoltre soddisfa i canoni della figura del leader carismatico che si carica dell’onere di interpretare la “volontà generale”, ovvero secondo Rousseau nel “Contratto Sociale”, l’insieme della volontà del popolo o meglio, dei cittadini. Il punto nevralgico della questione risiede esattamente nella volontà generale. Essa non permette di compiere un’alienazione della sovranità dei cittadini in favore del governo poiché il popolo stesso è l’unico detentore della propria sovranità. L’analogia con la rivoluzione russa torna ancora di più a galla quando si parla di una volontà legata alla massa che nel panorama sovietico è una volontà generale connessa principalmente agli interessi di una classe ben specifica, ovvero quella proletaria. Marx non lasciò spazio alle interpretazioni, bensì parlò esplicitamente di una rivoluzione promossa  dalla classe operaia e di una “dittatura del proletariato”, concetti che vennero presi alla lettera dai leader bolscevichi.

Un altro curioso punto in comune tra le due rivoluzioni consiste anche nella necessarietà dell’esportazione della rivoluzione. La celebre frase di Marx “Proletari di tutti i paesi, unitevi!” denota propriamente il carattere internazionale che la rivoluzione doveva assumere in una guerra del proletariato contro la borghesia dal punto di vista ideologico, mentre, dal punto di vista strategico sarebbero stati opportuni per la neo URSS alcuni paesi limitrofi di stampo bolscevico sui quali contare come alleati, soprattutto in un Europa così imperialistica e capitalista. A tal proposito, all’interno del partito bolscevico si aprì una diatriba tra Stalin e Trotsky , il primo sosteneva che la il comunismo fosse possibile solo in Russia, mentre il secondo affermava l’importanza di diffondere la rivoluzione in tutto il mondo. Un blando tentativo di seguire gli ideali della rivoluzione permanente sostenuta anni prima da Marx, fu intrapreso con l’istituzione dell’Internazionale Comunista (komintern) che durò dal 1919 al 1943. Quest’organo avrebbe dovuto sostenere e aiutare i membri dei partiti socialisti rivoluzionari sparsi nei vari paesi europei che sull’onda dei moti bolscevichi avrebbero dovuto instaurare regimi filo-sovietici. Tale obbiettivo si concretizzò nella Guerra Civile spagnola, dove l’URSS intervenne inviando  circa 3.000 uomini a fianco delle forze repubblicane. Parallelamente, Napoleone a seguito della rivoluzione francese diffuse i valori appena conquistati anche nei paesi limitrofi, instaurando delle repubbliche sorelle che fungessero da stati satelliti.

Per concludere la trattazione, si può fare un riferimento finale all’emergere della figura del dittatore che sovrasta la scena prepotentemente in entrambe le situazioni. Robespierre da una parte e Stalin dall’altra hanno approfittato della situazione di instabilità politica per imporsi sulla scena dimostrando di essere machiavellici dittatori che hanno sacrificato alla fiamma del potere migliaia di anime corrompendo inevitabilmente la loro ma cambiando il mondo e lasciando ai posteri un’importantissima lezione: spesso, per rovesciare un tiranno, occorre un altro tiranno.

Di: Cristiano Rimessi

Fonti:
M. de Robespierre, La rivoluzione giacobina, Universale economica, Milano 1953
J.J. Rousseau, Il Contratto Sociale
Marx ed Engels, Il Manifesto del Partito Comunista

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