Roma è la città degli echi, la città delle illusioni, e la città del desiderio

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La Roma nei primi dell’Ottocento, descritta nel suo fasto e pomposità, nei suoi disordini civili in seguito all’occupazione francese, nel suo costume popolare, intriso di una quotidianità densa di spettatori, curiosi dell’insolito, è rappresentata attraverso lo sguardo acuto di Bartolomeo Pinelli. Egli è un abile disegnatore, pittore dell’epoca, fornito di senso storico e critico che ci lascia una nutrita testimonianza del sentire della società romana, soffermandosi in particolare sul folklore popolare. Egli ha l’impulso di modellare e disegnare fin da piccolo. Suo padre era uno scultore di bassorilievi e terrecotte devozionali.

Nato a Roma nel 1781, si trasferisce a Bologna dal 1792 per seguire la sua famiglia. Nel 1798 diventa allievo dell’Accademia del Nudo. Il suo background è formato dai dettami neoclassici, il tratto come elemento preponderante dell’opera. Si arruola nell’esercito nel 1799 nella spedizione della Repubblica Romana contro lo sbarco delle truppe francesi a Civitavecchia. Da disertore vive per un periodo nelle campagne della maremma. Appena tornato a Roma inizierà una collaborazione come macchiettista e pittore di figure con Franz Kaisermann, un pittore svizzero. Da qui la sua carriera di illustratore prenderà vita. Si specializza in rappresentazioni di costumi popolari, oltre che di testi letterari quali la Divina Commedia, l’Eneide, i poemi cavallereschi. Grazie alla sua attività possiamo renderci conto dell’atmosfera che si respirava al tempo e di quale fosse il gusto diffuso. Nella “Mossa dei Berberi” (1821) viene descritta l’usanza della corsa dei cavalli selvaggi nella metà di febbraio durante il carnevale romano. La partenza è segnata a piazza del Popolo, il percorso prosegue lungo via del Corso, e la meta è piazza Venezia. Il termine “berbero” trae origine dalla Berberia, la terra dei berberi, dalla quale venivano selezionati i migliori esemplari da corsa equini. Il quadro è curato nei particolare scenici e storici dell’evento. Alcuni spettatori indossano le maschere di carnevale. E’ presente l’immancabile Pulcinella fornito di cesto con sovrascritto: “Viva li maccheroni di Napoli”. Il nobile con una enorme lente in mano che osserva da vicino un soldato è il personaggio del dramma giocoso di Bertati, l’ “Opera nuova” “Bambocci per amore”, il conte Saetta. Sullo sfondo il cavallo imbizzarrito nelle sue fattezze riprende con evidenza il tratto di Gericault, amico di Pinelli.

L’immagine di Roma come città della vanità ai primi dell’ottocento è convalidata da illustrazioni di giochi d’acqua, fuochi d’artificio, cerimonie papali e festeggiamenti popolari. In particolare, l’intrattenimento dato dagli spettacoli di strada, che si assemblavano attorno una folla nutrita di curiosi, colpiva l’immaginazione dell’artista. Egli rappresenta “Il casotto dei burattini” (1807), “Il ballo dell’orsa” (1809), “La lanterna magica”, “Il ritorno delle mozzatore di notte” (1818). In particolare quest’ultima era la festa augurale del ritorno delle “mozzatrici” dalla vendemmia. Altro fenomeno diffuso all’epoca era il brigantaggio nelle regioni dell’Italia centro meridionale. In conseguenza della occupazione francese di Roma, i partigiani a guida di bande saccheggiano e derubano, sovvenzionati dai Borbone e gli inglesi.

Ne sono esempi “Briganti in attenzione di dar l’assalto a una vettura”(1822) e “Briganti che hanno rapito una donna” (1822) di Pinelli. Tributo ad un artista che ha usato la sua abilità per conservare quella che è la nostra memoria storica. Ottocento italiano: la storia, gli artisti, le opere, Bietoletti Silvestra, Giunti, Firenze, 2002 La Pittura di Storia dell’Ottocento Italiano, Fortunato Bellonzi, Fratelli Fabbri Editori, Milano, 1967

Di: Costanza Marana

Fonti:
Web

                                                                               

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