Il 23 dicembre 1888 Vincent Van Gogh – a seguito di una discussione con il collega inquilino e artista Paul Gauguin – si ritirò nella sua stanza, prese un rasoio e recise il suo orecchio sinistro; in seguito, avvolgendolo in della carta lo consegnò ad una donna in una casa di tolleranza che sia lui che Gauguin erano soliti frequentare. L’artista, al termine della disavventura, verrà trovato privo di sensi la mattina dopo da un poliziotto.
Van Gogh si svegliò senza alcun ricordo di ciò che era accaduto; gli venne diagnosticato una “mania acuta con delirio generalizzato” e venne posto sotto cure ospedaliere ad Arles, spendendo i seguenti mesi dentro e fuori dall’ospedale prima di entrare volontariamente in un manicomio a Saint-Rémy-de-Provence. Proprio qui, egli dipinse una delle sue opere più iconiche del 1889, La notte stellata.
La motivazione per un tale atto di auto-mutilazione ha eluso gli storici dell’arte per più di un secolo, anche se lo scrittore Martin Bailey sostiene di avere finalmente trovato la prova per le sue ragioni.
Secondo quanto affermato dal The Guardian, Van Gogh fu in realtà ispirato non dalla sua lite con Gauguin, ma dalla notizia che il fratello Theo, colui che lo aveva da sempre sostenuto sia finanziariamente sia emotivamente, era in procinto di sposarsi.
Anche se in passato gli storici dell’arte avevano pensato che egli avesse appreso del suo imminente matrimonio solo dopo la sua mutilazione, nel suo nuovo libro (Studio of the South) Bailey sostiene che Van Gogh in realtà apprese la notizia in una lettera spedita dallo stesso Theo e letta, paradossalmente, lo stesso giorno in cui si recise l’orecchio.
Forse le troppe pressioni, la paura di non poter ottenere più sostegno economico dal fratello, unite alla lite con l’amico Gauguin innescarono la miccia che portò alla più assurda delle decisioni del famosissimo pittore.
Di: Claudio Pira
Fonti:
The Guardian
Studio of the South: Van Gogh in Provence, Bailey