La poetica del costituzionalismo: Andrea Chènier

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Andrea Chènier, poeta francese conosciuto per la sua arte, per la sua sete di sublime e di libertà. Non è di nobili natali, ma proviene da una famiglia della Linguadoca, che ha arricchito la Francia di intrepidi combattenti e esperti mercanti. Da parte paterna, un suo avo di nome Guglielmo Chènier ricopre il ruolo di piccolo possidente agricolo vicino Montfort. Il padre, Luigi Chènier, dapprima si impiega in una ditta di tessuti come commesso, successivamente creerà una sua personale attività prosperosa in tale ambito. L’influenza dell’amicizia del conte Des Alleurs, ambasciatore di Francia, comporta l’affido di incarichi onerosi a Luigi che diverrà rappresentante della colonia francese presso l’ambasciatore. La tensione ambiziosa e l’arrivismo lo spingono al matrimonio con una fanciulla di un’importante famiglia di Costantinopoli, Elisabetta Santi-Lhomaca, di religione cattolica.

Il suo impero commerciale spazia da gioielli ad antiquariato decretandola quale una delle più influenti elités nel panorama della capitale turca in ambito latino cristiano, essendo di origine catalane. Da questa unione nascono otto figli. Il 20 luglio 1762 all’interno dell’“Han” di S. Pietro e Paolo, ovvero il luogo deputato al vitto-alloggio dei mercanti, nasce Andrea Maria Chènier. Il padre sceglie di educare i figli in Francia, sotto la tutela materna, mentre egli dovrà svolgere incarichi di rappresentanza presso l’imperatore del Marocco e Salè. L’infanzia di Andrea sarà caratterizzata da silenzi e solitudine in un’abitazione austera a Carcassone fino all’età di nove anni. Qui ai piedi della Citè, simbolo dei massacri durante le guerre di Albigesi, egli respira l’atmosfera medievale vetusta, e si abbandona allo studio della poesia latina. Andrea accoglie il sentire classico lo commista con lo stile dei trovadori della Linguadoca, deputa di appartenere all’uno e all’altro mondo. Nella sua immaginazione scorrono le immagini dei minareti di Bisanzio, delle torri di Carcassone e delle rive del Bosforo.  Esclamerà in alcuni suoi versi verso la Francia:

Io non sono tuo figlio appartengo all’Ellade.

La figura della madre ricopre un aspetto peculiare nella sua crescita. Ella fedele alla chiesa ortodossa, si agghinda con abiti all’orientale, intona canti ellenici, balla passi di danze antiche e arricchisce la casa di statuette e oggetti preziosi antichi. La nostalgia materna di questo mondo sarà sempre parte di lui che anelerà Bisanzio tutta la sua esistenza. Nel 1773 frequenta il collegio di Navarra, dove approfondisce materie classiche, preferendo il “genio greco” su tutto. Negli insegnamenti impartiti al collegio vigeva l’influenza di Montesquieu e Voltaire e molti insegnanti volevano sostituire l’antica filosofia astratta derivante da Cartesio, con una filosofia moderna. Diventa amico dei fratelli Trudaine, con i quali si abbandona ad una vita dissoluta e mondana. Termina gli studi nel 1780 e nel 1778 ottiene il primo premio in lingua francese e la menzione onorevole in latino. L’ispirazione poetica si fa viva in lui già all’età di sedici anni. Un profondo desiderio di amare lo spinge ad adorare la natura e l’universo, è spesso pervaso da uno stato d’animo inquieto.

L’amour seul dans mon ame a créé le gènie. – Andrea Chènier

Il padre, sebbene notasse l’inclinamento letterario di Andrea, si dimostra scettico su questo tipo di carriera e decide di raccomandare i suoi figli al re tramite una petizione scritta nel 1781, deputando il maggiore al corpo diplomatico e gli altri al servizio militare. Significativa è la premura paterna di munire Andrea Maria di un Certificato di Nobiltà. Prima di partire per Strasburgo a raggiungere il reggimento, egli farà un importante incontro nel salotto della madre, conoscendo il poeta Le Brun e Brazais. Ma l’indole dedita ai piaceri e alla mondanità lo porterà a condurre una vita gaudente anche in questa nuova patria. La tensione letteraria non si spegne, ma anzi si rinfocola accostandosi a letture quali Omero, Esiodo, Platone, Aristofane, Properzio, Tacito, Molière, Racine, Voltaire, Milton. A causa di una grave nefrite verrà ricondotto a casa e beneficerà delle conoscenze di poeti, pittori, musicisti che si aggirano nel salotto materno. Questo habitat nutrirà il suo habitus poetico e maturerà una propria coscienza critica; nota è la sua dialettica con il pittore David a proposito della sua opera “La Morte di Socrate” onde Andrea sostiene un vigore storico umano del personaggio. Egli un convinto Costituzionalista, come il padre, sviluppa un senso anticlericale per il quale verrà additato quale ateo da molti studiosi, mentre egli è conscio della tenerezza dolcezza del Cristo. Compie un viaggio in Italia dove respira il clima artistico dell’epoca e nella città eterna troverà la sua donna ideale. In seguito si metterà al servizio dell’ambascia di Londra. Ritornato in patria espone in alcuni scritti sul Journal de Paris la sua ferma idea di Regno della Costituzione e della Legge e si schiera con i “Foglianti”, dei quali sposa l’atteggiamento liberale di un’associazione di tutti amici dell’eguaglianza e della libertà.

Aspra sarà la sua critica nel confronti dei Giacobini dei quali disprezza l’estremismo, la violenza, l’ipocrisia, la scarsa preparazione; ai suoi occhi essi costituiscono una minaccia per tutte le proprietà, alla volta di “accaparramenti e monopoli”. Fedele alle leggi costituzionali e alle istituzioni create da esse stesse, è preoccupato dell’insorgere della dittatura giacobina che sta prendendo il sopravvento nel clima esasperato post-rivoluzionario. Il partito Fogliante si disgrega, ma Andrea persegue la sua lotta politica, all’ombra, suggerendo l’ingenua soluzione di processare il re di fronte al suo popolo riunito in comizi, non lasciando libero arbitrio alla Convenzione. Nemico per tutto il percorso politico sarà suo fratello Maria-Giuseppe, di orientamento opposto. Lo spirito politico e l’animo poetico uniti all’unisono accompagnano Andrea nella sua vita fino all’ultimo dove dovrà difendersi in un processo che attenta alla sua vita, poiché giudicato “nemico della Repubblica”, connivente e complice con una ricercata, Madame Pastoret. Chiuso nella prigione di S. Lazzaro, scrive versi amari e sprezzanti, e incontra una fanciulla virtuosa che commuove il suo animo, è Aimée de Coigny, separata dal duca di Fleury, amante del conte di Mondrod.

In finis vitae, il suo intimismo poetico lascia il posto ai “poemi della collera”, veementi e arditi che lo tacceranno di “incivico” agli occhi del Comitato di Sicurezza Generale. Nel frattempo la degenerazione del contesto sociopolitico provoca un inasprimento delle pene con la cosiddetta “legge dei sospetti”(17 settembre 1793). Nonostante i vani tentativi di liberare il figlio dalla prigionia, Luigi Chenier prova ancora con un esposto apologetico che purtroppo si rivelerà anche esso inutile. L’ispirazione poetica non lo abbandona fino al patibolo, bollato oramai come “nemico del popolo”, febbricitante scriverà versi fino all’ultimo anelito di vita che la “furia della ghigliottina” reciderà. (1794). La straordinaria biografia di questo artista ha ispirato una delle opere liriche più belle “Andrea Chenier” di Umberto Giordano.

Di: Costanza Marana

Fonti:
Andrea Chenier, Mario Mazzucchelli, Dall’Oglio, 1988

                                                                                     

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