Vanuatu e Figi: nazioni nate troppo in fretta?

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Abituati a studiare la storia da un punto di vista eurocentrico, raramente diamo spazio alle piccole nazioni sorte con le stesse dinamiche identitarie dei grandi Paesi odierni. È il caso di molti arcipelaghi insulari siti nel pacifico, quali Figi e Vanuatu: interessante è affrontare la questione antropologica di come questi piccoli appezzamenti di terra siano stati promotori e testimoni di moti indipendentisti, colpi di stato e organizzazioni paramilitari, tutti elementi riscontrabili nel processo evolutivo delle grandi nazioni odierne. Tuttavia un elemento differenzia le storie di queste piccole e grandi realtà: la tempistica per la riuscita (o non) dei processi democratici sarà ristretta agli ultimi 40 anni. Le isole Figi e le isole Vanuatu hanno infatti costituito i loro Stati solo in tempi recenti.

In principio abitate da popolazioni melanesiane, la loro scoperta agli occidentali avvenne intorno al tardo XVIII secolo, nell’epoca dei grandi esploratori, come James Cook e proprio a quest’ultimo si deve il toponimo Nuove Ebridi, nome ufficiale delle isole Vanuatu fino alla loro indipendenza nel 1980. Utilizzate solo come appoggi alle spedizioni esplorative, Figi e Vanuatu diventarono importanti centri commerciali nel controllo del Pacifico per le due super-potenze colonizzatrici occidentali che albergavano sulle isole: Francia e Inghilterra. Nel ‘900 i destini degli arcipelaghi prenderanno due strade, le quali, per quanto simili, saranno del tutto diverse.

La popolazione delle Nuove Ebridi, a partire dal 1906, era posta sotto un condominio internazionale tra Francia e Inghilterra che divideranno le comunità locali in anglofona e francofona, con separate scuole, istituzioni giudiziarie, partiti politici e territori. Questo trattato, eccezionale in quanto sanciva per la prima volta in assoluto il doppio controllo coloniale su un’unica area, finì molto precocemente per alimentare le disuguaglianze tra le due comunità, le quali però ressero a questo pandemonio istituzionale. Nel 1960 ottennero, quindi un autogoverno transitorio, conquistato con varie lotte di ribelli Ni-Vanuatu contro l’egemonia franco-inglese, preannuncio dell’indipendenza statale, la quale non arriverà che vent’anni più tardi, il 30 luglio 1980.

Fu questo un periodo molto prospero per l’immagine del nuovo stato: l’ingresso nel Commonwealth, nell’ONU e nel NAM, Movimento dei Non-Allineati. Tuttavia all’alba degli anni ’90 la situazione collassò in un grave clima di instabilità politica ed economica: le foreste e la produzione di sandalo erano abbondanti, insieme alla pesca commerciale e all’estrazione di manganese, ma i tre capisaldi dell’economia furono rovinosamente limitati da nuove leggi governative che ristrinsero la produzione, l’esportazione e la lavorazione. Nel 1996 il primo ministro Jean-Marie Leye e l’ex-primo ministro Barak Sope vengono rapiti dalla VMF, Vanuatu Mobile Force, un’organizzazione paramilitare formatisi a partire dai ribelli degli anni ’60 che effettuerà un colpo di stato. I paramilitari agirono in questo modo a causa di varie forme di corruzione governative venute alla luce, in primis il traffico di passaporti Ni-Vanuatu concessi a stranieri in cambio di denaro. A partire dal 1997 la nazione tornerà alle elezioni democratiche e attuerà varie riforme, tra cui l’annessione della VMF alle Forze di Polizia, indicando comunque un precario equilibrio politico, mantenibile solo con un notevole dispiego di uomini armati.

Per le Figi, invece, il periodo di instabilità si protrarrà più a lungo. Il paese dichiarerà la propria indipendenza il 10 ottobre del 1970, con il benestare sia della popolazione indigena che della popolazione indiana , importata dagli inglesi per la lavorazione della canna da zucchero. Il primo ministro dell’epoca, Kamisese Mara, di etnia figiana, rimarrà al potere per 17 anni ininterrottamente, quando un folto gruppo di militari effettuerà il primo colpo di stato nelle isole, inasprendo i conflitti sociali tra indigeni e indiani. Dal 1987 si susseguiranno una serie di continui golpe che provocheranno l’abrogazione di molte leggi democratiche nel paese e l’espulsione di quest’ultimo dal Commonwealth. Il secondo avverrà nello stesso anno del primo, e cambierà il precedente toponimo Dominion of Fiji, in Republic of Fiji Islands. Una disastrosa conseguenza di questi due atti violenti fu l’emigrazione di massa della popolazione indiana, la quale, ormai nel mirino dei militari di etnia figiana, quindi melanesiana, era ormai senza protezione e senza rappresentanza. Con l’arrivo degli anni ’90 i militari cercarono di attuare qualche riforma democratica, restituendo la costituzione del 1970 e indicendo elezioni libere. Dal 1997 il processo democratico avanzò con la revisione costituzionale e la riammissione nel Commonwealth. Tuttavia l’alba del nuovo millennio farà risorgere lo spettro golpista: numerosi violenti attacchi alle istituzioni ebbero luogo tra il 2000 e il 2005, sino a quando il Commodoro Frank Bainimarama, prese il potere, nuovamente, con la forza.

Tuttavia il nuovo colpo di stato prevedeva una novità: i precedenti erano stati attuati per rovesciare governi filo-indiani a favore dei figiani indigeni, questo, invece, sarà attuato per sovvertire un governo filo-indigeno, accusato corruzione e razzismo. Le violenze perpetuarono: eliminati (anche fisicamente) molti dissidenti politici ed ex componenti del governo, molte furono le proteste e ribellioni soffocate dal nuovo stato di emergenza emanato da Bainimarama che prevedeva l’impiego dell’esercito. La situazione nelle isole, tutt’ora, è molto precaria: dal 2007 il Commodoro, diventato Primo Ministro ad interim, ha fatto dilagare la corruzione e il risentimento nella popolazione: molti sono i militari, anche di alto grado, assassinati e orditi complotti per la deposizione dell’attuale governo. Nonostante le evidenti mancanze nella propria democrazia, oggi le Figi fanno parte dell’ONU, a cui forniscono un gran numero di militari per missioni in tutto il globo.

Solitamente evocati, quindi, come paradisi terrestri, le Figi e le Vanuatu non sono tali, anzi. La loro storia ci insegna come, a causa dell’invasione coloniale, le loro ridotte e frammentarie dimensioni riflettano anche una ridotta e frammentaria tempistica nell’avviare tutti quei processi nazionalisti che altrove hanno impiegato secoli per stabilizzarsi. Compressi nel giro di pochi decenni, questi non hanno avuto modo di lasciare alla popolazione il tempo di digerire la nascita di un sentimento indipendentistico, per ammassarsi in continui cambi di governo e compromissioni delle libertà democratiche.


Di: Simona Amadori

Fonti:
Favole, Oceania. Isole di creatività culturale, Laterza, 2010.
Francesca Giusti, Vincenzo Sommella, Santa Cigliano, Storia dell’Oceania L’ultimo continente, Donzelli Editore, 2009.

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