Welcome to Fordlândia: il sogno utopico di Henry Ford

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Henry Ford diceva che «un idealista è una persona che aiuta gli altri a prosperare». Effettivamente fu così per la città di Detroit, che grazie alla volontà imprenditoriale di Ford, crebbe a dismisura e conobbe uno dei periodi d’oro del boom economico automobilistico americano. L’idealismo del noto industriale statunitense scavalcherà i confini americani per approdare in Brasile, dove Ford tenterà di dare avvio ad una prima grande produzione di gomma all’interno della foresta amazzonica, tutta made in U.S.A…

Fu così che diede vita a Fordlândia, ossia Terra di Ford, una cittadina industriale nata a fine anni ’20 per volontà, appunto, dell’imprenditore della casa automobilista americana per la coltivazione massiccia di gomma, a lui necessaria nella produzione degli pneumatici per le vetture Ford di Detroit. La scelta di Ford di investire sulla gomma era una semplice mossa economica per slegarsi totalmente dall’importazione della stessa, principalmente di origine malese che all’epoca era ancora sotto il controllo doganale britannico, di conseguenza molto dispendiosa.

Ford, convinto nella sua iniziativa, inviò sul posto alcuni suoi dirigenti, che tuttavia, non conoscendo assolutamente l’agricoltura amazzonica, decisero di fondare una nuova piantagione del prezioso caucciù al di fuori della foresta, su un terreno collinare, aperto ed esposto alle intemperie e alla violenza della natura. E fu questa una delle principali cause del fallimento del progetto: la pianta della gomma, crescendo nella foresta, era protetta dai parassiti grazie al clima sfavorevole alla loro proliferazione; ma la decisione di piantare alberi al di fuori di questo contesto climatico fece prosperare una tipologia di parassita, la Peronospora, una malattia delle piante che comporta la necrosi dei tessuti verdi, rendendo quindi inutilizzabile l’albero stesso il quale, nel giro di breve tempo, trovava la morte. Di conseguenza la produzione, sin dal principio, risultò scarsa e inefficiente.

Poi, per la coltivazione era necessaria anche manodopera che, ovviamente, fu reclutata presso gli indigeni autoctoni disposti a lavorare per molte ore al giorno con una remunerazione assai bassa. Anche in questo caso, la scelta fu presa semplicemente per massimizzare i profitti.

Ford, grande patriota americano, era convinto, inoltre, che non bastasse solo offrire un lavoro a queste persone, ma che fosse anche essenziale esportare e imporre loro “il sogno americano”: case prefabbricate tipiche dei sobborghi statunitensi, hamburgers, hot dogs, bevande gasate ecc., bandiere a stelle e strisce e arredamento coloniale; insomma tutta una serie di oggettistica e cibo completamente estranei alla popolazione locale, abituata ad una dieta varia e proveniente dalla vicina foresta amazzonica. Inoltre bisogna ricordare che siamo in pieno proibizionismo negli Stati Uniti, e Ford, ampio sostenitore della causa (era infatti membro della Anti Saloon League), inoltre, vietò loro tabacco e alcool. Ma gli abitanti di Fordlândia escogitarono un ingegnoso metodo per eludere il proibizionismo, fondando al di fuori dei confini cittadini, quindi al di fuori della giurisdizione statunitense, “Island of Innocence” a circa 5 km dalla cittadina, un insediamento formato principalmente da bar e discoteche in cui tutto ciò che era vietato a Fordlândia, era permesso.

Il livello di controllo nei loro confronti aumentò sempre più (furono obbligati a girare per le strade cittadine muniti di carta d’identità, cosa completamente loro sconosciuta), così gli indigeni, nel 1930, ormai stanchi dei continui soprusi, diedero vita ad una ribellione contro i gestori dell’azienda, sedata solo grazie all’intervento dell’esercito brasiliano.

In secondo luogo sarà il Governo del Brasile stesso a remare contro la Ford, dopo essersi insospettito per i troppi finanziamenti stranieri presenti nella regione amazzonica: non diede alcun supporto tecnico nella cura delle piante malate, costringendo Ford a spostare la produzione più a valle, dove, secondo i suoi esperti, la piantagione poteva crescere rigogliosa. Ma anche questa volta il progetto non andò a buon fine a causa anche della produzione, ormai di massa, della gomma sintetica, più pura, più lavorabile e meno costosa del caucciù.

 Queste politiche aziendali furono la causa della rovina del progetto e neanche l’idealismo di Ford riuscì a risollevare Fordlândia che fu completamente abbandonata. La Ford perse circa 20 milioni di dollari di investimenti con le sue scelte e, in particolare, rese evidente che il modello liberale statunitense non era applicabile al di fuori dei propri confini nazionali. L’idealista, in questo caso, è più colui che ha cercato, invano, di avvantaggiare sé stesso a discapito di altri, compreso di madre natura. Ma, come dice un vecchio detto: «il fiume deviato ritrova sempre il suo corso».


Di: Simona Amadori

Fonti:
Web

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