Volendo fare un passo indietro, così da approfondire maggiormente la vita di un personaggio che ha fatto la storia, direi che non si può non partire senza aver prima fatto un breve accenno alla nascita di Gandhi. A questo proposito, egli nacque il 2 ottobre del 1869 a Porbandar, una città di pescatori sita nello stato di Gujarat, in India. Sua madre era una donna profondamente religiosa, praticante devota di Vaishnavism, (culto del Dio indù Vishnu) influenzata dal giainismo, una religione ascetica governata da principi di nonviolenza e autodisciplina.
Nel 1882, alla tenera età di 13 anni, Gandhi sposa, con un matrimonio combinato, Kasturba Gandhi, di soli 14 anni, figlia del ricco uomo d’affari Gokuladas Makharji, di Porbandar.
All’età di 18 anni, tre anni dopo la tragica morte del padre, partì per studiare da avvocato presso la University College di Londra. Due giorni dopo aver passato gli esami di giurisprudenza, decise di partire dall’Inghilterra, precisamente il 12 giugno del 1891, per tornare in India. Una volta sbarcato a Bombay però, apprese che la sua adorata madre era morta. Con l’aiuto del fratello, venne riammesso nella sua casta, la quale, anni prima, lo aveva escluso a causa della sua decisione di partire per l’Inghilterra. Iniziò così a praticare la professione dell’avvocato in India, ma riscontrò molteplici problemi, sia a causa delle sue conoscenze solamente teoriche e sia perché non conosceva molto il diritto indiano. Inoltre provava molto imbarazzo quando si trattava di parlare in pubblico.
In seguito, ricevette una proposta di lavoro dalla sua ditta indiana per cui lavorava, la quale lo incaricò di trasferirsi in un ufficio in Sudafrica. Qui, insieme a moglie e figli, Gandhi ci rimase per ben 20 anni. Egli ben presto rimase sconvolto dalla discriminazione che gli toccava subire come immigrato indiano. Un episodio lampante di tale discriminazione accadde quando un magistrato europeo a Durban gli chiese di togliersi il turbante. Gandhi rifiutò e lasciò l’aula. Un avvenimento ancor peggiore si registrò quando, su un treno verso Pretoria, venne buttato fuori e picchiato da un autista di diligenze bianco, dopo aver rifiutato di cedere il proprio posto a un passeggero europeo.
Quel viaggio in treno è stato un autentico punto di svolta per Gandhi, il quale, da lì, cominciò ben presto ad insegnare e praticare il concetto di Satyagraha, (verità e fermezza) o resistenza passiva, come un modo di non cooperazione con le autorità.
Nel 1906, Gandhi condusse una campagna di disobbedienza civile, la quale durò per i successivi otto anni. Durante la sua fase finale, nel 1913, a causa della decisione del governo di rendere illegali i matrimoni tra non cristiani, la protesta culminò con lo sciopero e la marcia delle donne indiane. Malgrado il successo della repressione dei manifestanti indiani da parte del governo sudafricano, l’opinione pubblica reagì con vigore ai metodi estremamente cruenti applicati ai pacifici manifestanti. A tal proposito, finalmente il generale Smuts venne obbligato a negoziare un compromesso con il nostro Mahatma, rendendo così i matrimoni misti nuovamente legali e abolendo la tassa di tre livre, equivalente a sei mesi di salario, imposta agli indiani che volevano diventare lavoratori liberi.
Nel mese di luglio del 1914, Gandhi lasciò definitivamente il Sudafrica per tornare in India. Nel 1919 organizzò una campagna di resistenza passiva in risposta all’approvazione da parte del parlamento dei Rowlatt Act, che prevedevano l’estensione in tempo di pace, delle restrizioni di libertà entrate in vigore durante la guerra. Il nostro eroe venne arrestato e scoppiarono disordini in tutta l’India, tra cui il massacro di Amritsar, nel Punjab, durante il quale le truppe britanniche massacrarono centinaia di civili e ne ferirono migliaia. Tale massacro non fece altro che aumentare la collera della popolazione, generando veri e propri atti di violenza a seguito dei quali Gandhi, facendo autocritica, sospese la campagna Satyagraha. Sempre nel 1919 il Mahtama decise di entrare nel partito del Congresso Nazionale Indiano e nel 1921 diventò il presidente del partito. Nel corso degli anni venti, moltiplicò le iniziative contro la segregazione degli intoccabili, l’alcolismo, l’ignoranza e la povertà. Tra il 1925 e il 1927, nonostante avesse problemi di salute, iniziò a scrivere la sua autobriografia.
Nel marzo del 1930, intraprese una campagna contro la tassa del sale e il regime che l’aveva alzata. Cominciò così la celebre Marcia del Sale il 12 marzo e terminò il 6 aprile, dopo ben 380 km di marcia. Una volta che giunti sulle coste dell’Oceano indiano, Gandhi e i suoi sostenitori estrassero il sale in aperta violazione del monopolio reale e vennero imitati dalle migliaia di indiani che si erano uniti durante la marcia.
Un altro avvenimento fondamentale accadde il 13 aprile del 1942, quando Gandhi scrisse una risoluzione chiedendo ai britannici di lasciare l’India. Il Mahatma invita così alla ribellione non violenta più totale, organizzando varie manifestazioni di protesta. Migliaia di indipendentisti vennero uccisi e feriti dalla polizia e Gandhi e tutti i dirigenti del Congresso vennero arrestati nuovamente il 9 agosto. Nel 1943, mentre si trovava ancora in prigione, Gandhi intraprese un digiuno di 21 giorni al fine di fare penitenza per le violenze commesse durante l’insurrezione popolare indiana. Il 6 maggio 1944 venne liberato per essere sottoposto ad un’operazione, siccome era gravemente malato di malaria.
Il Regno Unito, cedendo alle pressioni del movimento anticoloniale, decise di concedere piena indipendenza alla sua colonia, incaricando, il 24 marzo 1947,il nuovo governatore generale Lord Mountbatten di preparare l’indipendenza.
A seguito dell’indipendenza però, si crearono forti tensioni tra India e Pakistan, dovute sia alle violenze avvenute, sia per questioni di controllo territoriale.
Il 13 gennaio 1948, Gandhi intraprese il suo ultimo digiuno a Delhi. Durante il digiuno chiese che la fine definitiva della violenza tra comunità e che il Pakistan e L’India garantiscano l’uguaglianza per i praticanti di tutte le religioni. Oltre a ciò, affermò che era cosa d’obbligo effettuare il pagamento di 550 milioni di rupie al Pakistan, così da scongiurare una guerra civile.
Nonostante lunghi ed appassionati dibattiti, Gandhi rifiutò di interrompere il digiuno e il governo indiano si vide costretto a pagare la somma dovuta al Pakistan. Anche i dirigenti di ogni comunità assicurarono che d’ora in avanti avrebbero rinunciato alla violenza. Così, finalmente il nostro eroe interruppe il digiuno, festeggiando, pensate un po’, bevendo un succo d’arancia.
<< Vivi come se dovessi morire domani. Impara come se dovessi vivere per sempre. >>
Mohandas karamchand Gandhi, di certo vivrà per sempre, perchè coloro che nel bene o nel male hanno fatto la storia, non si possono dimenticare. In questo caso, per fortuna, stiamo parlando di un qualcuno, un semplice uomo, che la storia l’ha fatta, non nel male, ma solamente nel bene.
Di: RLS Staff
Fonti:
Mahatma Gandhi. Autobiografia, Milano, Treves, 1931.