Firenze: tra Repubblica e Signoria

Tempo di lettura: 5 minuti

“[…]Hai forse mai conosciuto una qualche libertà, in Italia o altrove, che sia più libera e più pura della libertà Fiorentina; che possa, non dirò anteporsi, ma anche paragonarsi alla nostra libertà? Ed è tale forse la tirannide di cui sei schiavo, che tu possa avere il coraggio di chiamare tirannide la libertà fiorentina?[…]

Con queste  potentissime parole nel 1403, Coluccio Salutati , umanista fiorentino, si rivolge ad Antonio Loschi, cancelliere di Gian Galeazzo, rispondendo alla minacciosa politica milanese che mira alla sottomissione di Firenze.

Quella tra Milano e Firenze è una rivalità non solo militare e politica ma anche, più profondamente, ideologica che porta le due città a proporsi e contrapporsi come due modelli ben distinti ed entrambi a vantarsi della stessa cosa: la libertas. Nell’ “Invectiva in florentinos” che Antonio Loschi rivolge a Firenze, Milano appare come l’emblema di una società giusta e non tirannica; la società tirannica è invece quella fiorentina che sottomette al proprio giogo le città circostanti. Coluccio Salutati replica con ottime argomentazioni che Firenze e tutti i suoi sudditi vivono “secondo il diritto e secondo le leggi, a cui tutti sono soggetti” , mentre a Milano i Visconti sono signori incontrastati, muniti di arbitrium , ovvero il pieno riconoscimento della totale supremazia del signore alla legge.

Durante il così definito umanesimo civile, un periodo nel quale gli intellettuali si cimentano attivamente nella vita politica in Italia, si delineano i due estremi: la Milano tirannica e Firenze repubblicana. La tradizione storiografica ha poi tramandato questa definizione fino a tempi ben recenti, arrivando forse a stereotipare fin troppo questi ruoli.
Firenze è stata quindi spesso definita come Repubblicana per antonomasia durante il periodo comunale italiano, con uno statuto e delle leggi applicate ad ogni cittadino. Eppure, vi sono delle macchie indelebili nella sua storia che gli studi storiografici hanno portato in evidenza e che nonostante si siano per secoli tentati di smacchiare, non possono essere tralasciati se si vuole analizzare lucidamente la questione.

Tralasciando la celebre signoria Medicea che subentra solo nel 1434, mentre le altre signorie italiane sorgono già dalla prima metà del XIII secolo, Firenze ha avuto altre esperienze signorili di non poco conto durante gli anni, talune anche precoci e significative.
Alla morte di Federico II nel 1250, dopo alcune vicissitudini, il Papa concede il regno del sud Italia a Carlo, il conte D’Angiò. Sebbene possa sembrare a prima vista un evento del tutto svincolato dalla storia politica dei comuni italiani, è invece di centrale importanza. Il regno del sud Italia aveva già un suo erede in Manfredi, figlio di Federico II. Per ovvie ragioni, un regno non può avere due Re, quindi c’era una guerra da affrontare per Carlo, una guerra che non sarebbe stata facile e che quindi richiedeva un esercito forte, numeroso e ben attrezzato. Per avere queste qualità, un esercito ha bisogno di danaro. Fondi che vennero trovati nei ricchi banchieri che pullulavano le città del Piemonte e della Toscana e che prestarono ingenti risorse a Carlo d’Angiò. Si venne a creare quindi uno stretto legame tra gli angioini e alcune delle città più importanti dell’Italia comunale.  Parliamo di Torino, Alessandria, Brescia,  Lucca, Siena, Pistoia, Prato e soprattutto Firenze. Queste città, legarono il loro destino a Carlo d’Angiò rendendolo loro signore, senza parlare di tutte le città guelfe e filo-angioine che prestarono comunque giuramento di fedeltà. Si inserivano così in un’orbita francese e guelfa, coalizzandosi in una forte lega non solo dal punto di vista militare, ma anche economico. Carlo d’Angiò era infatti il fratello del Re di Francia, Filippo chiamato il Santo. Il Re concesse a molti mercanti di queste varie città, prerogative assolute e grossi privilegi nei commerci con la Francia e un ruolo di primo piano nelle annuali fiere dello Champagne che rappresentavano all’epoca una delle piazze commerciali più importanti d’Europa dove convergevano la maggior parte dei prodotti provenienti da tutto il mondo conosciuto.

Anche Firenze quindi, concesse a Carlo la signoria sulla propria città. Un signore francese, quindi straniero, tra l’altro, a differenza invece dei vari personaggi di spicco che si insignorivano di un determinato comune che se non erano propriamente cittadini di quel comune, per lo meno lo erano in una città limitrofa.
Carlo d’Angiò non fu un’eccezione nella storia fiorentina. Si susseguirono altri angioini durante il XIV secolo, con il titolo di capitano del popolo a Firenze, spesso anche a più riprese. Il nipote di Carlo, Roberto d’Angiò, per esempio. E ancora, suo figlio Carlo, duca di Calabria.

Eppure, gli eventi mostrano come qualcosa a Firenze, fosse completamente diverso rispetto agli altri comuni dove le signorie si erano radicalizzate saldamente. La vicenda di Gualtieri da Brienne, duca di Atene e signore a Firenze concede un importante spunto di riflessione. Gualtieri fu capace di espandere i confini dello stato fiorentino e sull’onda di questa espansione, gli venne concessa la signoria a vita. Successivamente, commette un errore di valutazione non di poco conto. Gualtieri crede di avere ormai una posizione di predominio e per consolidarla ancora di più cerca di stabilizzare il proprio potere nominando un proprio consiglio formato da molti forestieri, relegando l’organo governativo statutario dei priori delle arti ad un ruolo secondario. Ciò causò un progressivo alienamento del consenso sia dei magnati, che del “popolo” fiorentino che culminò con una sommossa che nel 1343 scacciò definitivamente Gualtieri da Brienne da Firenze.
La repubblica fiorentina aveva quindi sviluppato un potente anticorpo al virus della signoria cittadina, riuscendo a identificare e ad espellere dal proprio ordinamento un signore che agiva “tirannicamente”. Quello che distingue quindi la città di Milano da quella di Firenze è che nella prima, la famiglia dei Visconti riuscì a modificare e plasmare le istituzioni comunali fino a renderle  coadiuvanti ad un’esperienza di governo monocratica, mentre a Firenze ogni volta che le istituzioni venivano anche messe in un ruolo di secondo piano, scattava la reazione dei ceti dirigenti del comune che si occupava di scongiurare la deriva autoritaria. Questo almeno, fino all’avvento dei Medici.

Per concludere insomma, Firenze è stata realmente una repubblica, nonostante gli episodi signorili che hanno costellato la sua vita politica tra la fine del XIII secolo e la prima metà del XIV secolo. Le esperienze comunali di questi ultimi secoli del medioevo sono di certo tra i più curiosi e particolari casi storici di sperimentazione politica ed istituzionale, dove vennero esplorate numerosissime vie e metodi per amministrare la comunità cittadina. Da queste peculiari  e ingegnose esperienze comunali che caratterizzarono quasi esclusivamente l’Italia nel medioevo, rimase ben poco nei secoli successivi. Le realtà geopolitiche costruite faticosamente in questi anni infatti, vennero velocemente inglobate in un più ampio contesto Europeo dove altri sperimentazioni avevano portato non a stati-regionali come in Italia, bensì a stati-nazionali.
Di: Cristiano Rimessi

Fonti:
L’articolo è stato realizzato utilizzando l’archivio del RESCI consultabile al link:
http://www.italiacomunale.org/resci/category/schede/citta/
E al supporto cartaceo:
Zorzi Andrea , Le signorie cittadine in Italia, Milano 2010
Signorie cittadine nell’Italia comunale a cura di J. C. Maire Vigueur, Roma 2013

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *