Esse raccolgono gli umori e i fervori che caratterizzano le discussioni prevalentemente svolte da gruppi maschili e le cooptano in un processo organico, ove sistematicamente hanno luogo incontri cadenzati attorno a personaggi e tematiche di rilievo, nella cornice dei prestigiosi salotti romani. L’imprinting di questa consuetudine è proveniente dall’estero, queste due figure femminili, tacciate spesso di anticonformismo, specularmente ripropongono un modus attinto dalle loro commistioni internazionali. Focus nel seicento inoltrato è la crescita del ruolo propulsore femminile nel panorama diplomatico-culturale, ove l’imago al femminile diventa sinonimo di moderatrice di incontri intellettuali e riferimento per i dettami sociali e dialettici. Le aspettative di ruolo femminili vengono deputate alla socializzazione e all’intrattenimento.
La presenza femminile è un must di questo gioco sociale e non fa più parte dei soli interstizi, ma ricopre un posto d’onore in questo habitat nuovo, che risente di afflati internazionali. Nonostante il libero accesso all’Accademia, non tutte le ammesse godono dello stesso rilievo e delle stesse opportunità. Alcune non hanno il privilegio di entrare a diretto contatto con l’élite culturale, ma solo in forma limitata, con misura, o ad altre viene palesato il diniego. Di converso nel campo editoriale proliferano i testi di firme femminili, sdoganando i tabù in materia, veicolando un nuovo modo di porgere i contenuti. I soggetti, i punti di vista, la punteggiatura emotiva, lo spettrometro sintattico, tutto muta aprendo nuovi scenari letterari. La donna come artista legittimata, maschera di un nuovo stilema, e parte integrante di un tessuto connettivo sociale, non più solo in veste familiare e indolente, ma come artefice e vettore di comunicazione. Quest’ultimo aspetto esula dall’imposizione di una esclusione dai procenessi culturali e di scolarizzazione, inserendola come parte attiva in un sistema di compattamento sociale al fine di intessere trame intellettuali.
Considerato di poco spessore l’unico addestramento alla poetica, quasi come una base artigianale paragonata alla mera redazione di corrispondenza, è necessario spaziare nei campi più complessi della cultura e, nel caso di Aurelia, ella viene emancipata alla filosofia, in particolare cartesiana, conditio sine qua non per la sua ammissione. A introdurla alla materia è Paolo Mattia Doria, suo mentore e amico. I sonetti da lei composti non vengono stampati forse per eccessiva ritrosia e riserbo della stessa, poiché “ama tenere nascosta la sua dottrina”, scrive il suo biografo, o semplicemente per la difficoltà che nutre una donna napoletana a trovare un editore all’epoca. Uno dei motivi risiede nella considerazione. Esse spesso ancora vengono considerate ornamento della società, non facenti parte integrante del mercato letterario, ma considerate solo in quanto partecipanti di pubblicazioni di gruppo, non uti singuli. Il panorama risulta ancora eterogeneo in ambito editoriale culturale per l’entourage femminile che comunque attraverso istituzioni, come l’Arcadia, e prassi, come i salotti letterari, si sta creando un proprio spazio vitale che lo conferma quale testa di ponte per l’impianto comunicativo sociale.
Di: Costanza Marana
Fonti:
L’Arcadia e l’Accademia degli Innominati di Bra, a cura di Alfredo Mango, FrancoAngeli
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