Anche Vittorio Emanuele II non fu immune alle dicerie sul suo conto, in particolare fu sempre accusato di non essere un “vero” Savoia. Ma come era possibile che il primo Re d’Italia non avesse discendenza sabauda e come nacque questa maldicenza?
Vittorio Emanuele II nasce il 14 marzo 1820 a Torino, primogenito del futuro Re di Sardegna Carlo Alberto e della consorte Maria Teresa d’Asburgo – Lorena. Causa i moti del 1821, la famiglia è costretta a trasferirsi prima a Novara e, in seguito all’incoronazione di Carlo Felice – con cui il padre di Vittorio Emanuele non aveva buoni rapporti – a Firenze presso il Granducato di Toscana, retto dal nonno materno Ferdinando III.
Nell’estate del 1822 la famiglia si trovava in vacanza al Poggio Imperiale vicino al capoluogo toscano e la tranquillità vacanziera fu interrotta da un brutto incidente domestico che coinvolse la balia di Vittorio, Teresa Zanotti Rasca. Il 16 settembre la serata era afosa, gli insetti infastidivano il piccolo Vittorio che stava dormendo nella sua culla e la bambinaia si avvicinò al lettino con una candela accesa tra le mani, tentando di bruciare vive le numerose zanzare che gironzolavano intorno al bambino.
La Zanotti Rasca, tuttavia, si avvicinò troppo alle lenzuola della culla, che presero immediatamente fuoco, mettendo in grave pericolo il futuro Re d’Italia; ma con prontezza riuscì a prenderlo tra le braccia, pensando di averlo salvato. Questa mossa invece aggravò ancora di più la situazione, poiché le fiamme si trasferirono sul corpo della donna: le sue grida disperate richiamarono l’attenzione dei servitori che riuscirono a strapparle – essendo divenuta una vera torcia umana – il piccolo Vittorio che se la cavò solo con qualche bruciatura sul fianco sinistro; la donna invece morì qualche giorno dopo a causa delle gravi ustioni riportate. Questa è la tesi ufficiale divulgata dai Savoia, ma tra i corridoi iniziò a circolare un’altra versione dei fatti.
Le voci affermarono che il bambino fosse in realtà deceduto nell’incidente e che i genitori preoccupati per la discendenza al trono, abbiano deciso di sostituire il defunto figlio con il pargolo di un popolano, nato il suo stesso giorno, per non destare sospetti. Il suddetto sarebbe figlio del macellaio toscano Tanaca, di Poggio Reale che, pochi giorni dopo l’incidente, avrebbe denunciato la scomparsa di un infante di circa due anni, divenendo poi improvvisamente ricco; altre voci, invece, attribuiscono lo scambio a Mazzucca, sempre macellaio, della vicina Porta Romana.
Ad alimentare i sospetti dei “complottisti” c’era il fatto che il futuro Re non somigliava assolutamente ai suoi avi: era rozzo, grezzo, col viso rotondo, tarchiato, di carnagione bruna; in lui non si scorgeva alcuna eleganza fisica che potesse ricollegarlo ad una discendenza aristocratica, presente invece nei suoi genitori e nel fratello Ferdinando. Tuttavia sarebbe proprio la nascita di Ferdinando a “scagionare” Vittorio Emanuele: la diceria secondo cui la decisione dello scambio fosse stata presa proprio per paura di non vedersi assicurata una discendenza, viene smentita immediatamente dal fatto che, proprio nel 1822, Maria Teresa era già evidentemente incinta del futuro Duca di Genova, che sarebbe nato il 15 novembre dello stesso anno.
A smentire ulteriormente tale ipotesi è anche una lettera di Maria Teresa, inviata al padre, reggente del Gran Ducato di Toscana, in cui afferma «Io non so veramente di dove sia uscito codesto ragazzo. Non assomiglia a nessuno di noi, e si direbbe venuto per farci disperare tutti quanti». Secondo Indro Montanelli, nel suo L’Italia Unita, la regina avrebbe sicuramente evitato di descrivere il figlio in questo modo, se la questione dello scambio fosse stata davvero reale: questo avrebbe inevitabilmente affermato e confermato pubblicamente le maldicenze che circolavano su Vittorio, ormai da tempo.
Il pettegolezzo segnò tutta la vita di Vittorio Emanuele II, e fu alimentato anche dal grande patriota Massimo D’Azeglio, che confidò più volte la veridicità dell’episodio al suo amico ed editore Gasparo Barbera; ma, ad oggi, non esistono comunque prove sufficienti per confermare tale ipotesi; più probabilmente questo pettegolezzo è parte del grande apparato noto come curiosità popolare che ha come obiettivo quello di creare un alone di mistero intorno alla grandezza di un personaggio.
Nonostante infatti Vittorio Emanuele II fosse un uomo rozzo, di gusti discutibili, e con un grande appetito sessuale, aveva però un grande buon senso e soprattutto un grande coraggio, tanto che gli valsero il soprannome di Re Galantuomo. Sempre secondo Montanelli, anche la Regina Vittoria– che incontrò Vittorio Emanuele II, durante il suo tour per farsi conoscere dai sovrani europei – fu disgustata da quell’uomo che si presentò «malvestito, sporco e persino puzzolente di tabacco. […] Però ebbe la sensazione che se in quel momento in sala fosse improvvisamente entrato un drago, tutti i presenti sarebbero fuggiti, ma Vittorio Emanuele sarebbe rimasto e avrebbe sfoderato la spada per difenderla».
Di: Simona Amadori
Fonti:
F. Barbini, M. Giai, I Savoia: mille anni di dinastia – Storia, biografia e costume, Giunti, Firenze, 2002
C. Giorgio, Storia pettegola d’Italia, Newton Compton Editori, Roma, 2005
I. Montanelli, L’Italia unita, RCS Libri, Milano, 2015