La criminalità ‘servente’ nel Caso Moro: Intervista a Simona Zecchi

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Simona Zecchi vive e lavora fra Roma e Lione, dove collabora con la redazione italiana dell’emittente Euronews. È autrice del libro inchiesta Pasolini. Massacro di un poeta ( Ponte alle Grazie, Milano, 2015), vincitore della X Edizione del Premio “Marco Nozza” 2016-Giornalismo investigativo e informazione critica. Durante gli anni 2014-2017 si è occupata del caso Moro e alcuni suoi lavori sono stati acquisiti dalla nuova Commissione parlamentare d’inchiesta sul caso, istituita nel 2014. Ha scritto e collaborato per diversi quotidiani e siti nazionali e internazionali.

Quest’anno ricorrono i quarant’anni dal sequestro e omicidio di Aldo Moro e, come ogni anno, c’è stata una grande attenzione mediatica su questo tragico evento. Ciò non porta a dimenticare il ruolo centrale avuto dal politico pugliese in diverse fasi della storia d’Italia?
Non credo sia così. Intanto perché insieme ai libri sul “Caso Moro” sono usciti anche lavori sul politico (guardare a esempio il libro di Marco Damilano direttore de L’Espresso “Un atomo di verità – Aldo Moro e la fine della politica in Italia, Feltrinelli 2018) , poi perché nel 2016 è ricorso il centenario dalla nascita e molte sono le celebrazioni anche a livello internazionale dell’uomo e del politico. Infine, voglio ricordare che palrare del sequestro e del suo omicidio fatti che hanno cambiato per sempre la direzione democratica in Italia è parlare del suo valore umano (soprattutto dell’ultimo Moro) e politico.

Al momento del sequestro di Aldo Moro, vi erano figure che avevano un ruolo più importante rispetto a lui, tra i quali altri esponenti della Democrazia Cristiana come Giulio Andreotti e Benigno Zaccagnini. Perché le Br scelsero Aldo Moro?
A questa spiegazione le BR stesse e gli analisti politici accodati a loro hanno dato sempre e solo una unica spiegazione, ovvero “perché senza scorta e logisticamente più semplice rapire lui). ma in realtà da atti riportati in passato da altri studiosi come l’ex senatore Flamigni è dimostrato che il sequestro fosse in sua preparazione sin dal 1975 anno di nascita della colonna romana di Mario Moretti.
Nel memoriale di Moro emergono forti critiche alla Dc e, nelle sue ultime lettere emerge quasi la sua volontà di abbandonare la Dc. Questa scelta era dovuta alla modalità con cui si stava sviluppando il partito, cioè alla volontà della Dc di proseguire con la linea della fermezza, o vi erano dei problemi che Moro denunciava ormai da tempo all’interno della Dc che vedeva ormai irrisolvibili?

Entrambe le cose, ma certo quella fermezza istituzionale spinsero ancora di più Moro a scegliere quella strada, quella espressa nel memoriale del “Gruppo Misto”. Tuttavia anche in precedenza fra la maggior parte della DC e Moro non è corso sempre buon sangue. Determinante fu un suo isolamento (che ha avuto momenti alterni poi ne tempo)  al momento in cui fermò la deriva autoritaria e reazionaria del governo Tambroni e si creò un’allenaza di centro sinistra per come era intesa allora.
Nel suo primo libro lei si è occupata di Pasolini, cosa l’ha portata ad occuparsi, in questo secondo libro, di un aspetto del sequestro e dell’omicidio di Aldo Moro? All’inizio del suo nuovo libro fa riferimento due volte a Pasolini: la prima volta relativamente al concetto di stragismo e la seconda facendo riferimento al saggio postumo di Pier Paolo Pasolini ”Lettere luterane” saggio in cui lo scrittore chiedeva che fosse istruito un processo contro i “Nixon italiani”. Perchèéha voluto fare questi due riferimenti a Pasolini?

Le ragioni sono di due tipi: per la prima citazione volevo fissare il senso di quello che in Italia in quegli anni, non soltanto per ciò che conosciamo meglio come Strategia della Tensione, ma anche nei cosiddetti anni di piombo succedeva (e che poi si è ripetuto negli anni ciclicamente) ovvero la manipolazione della violenza politica che sempre lo scrittore corsaro denunciava. La seconda citazione è importante ai fini della stessa inchiesta che invito a leggere proprio in quel punto per capirne meglio la dinamica.

Nel suo libro usa costantemente l’idea di una criminalità “servente” verso le istituzioni , i partiti e i terroristi. Questo concetto secondo lei può essere allargato anche ad altri fatti della storia d’Italia?


Assolutamente. Il Caso Moro è stato attraversato da questa componente(che non è soltanto criminale, come spiego nel libro) che anche gli stessi magistrati di Reggio Calabria chiariscono nelle loro più recenti inchieste giudiziarie. A partire da quelle più evidenti come le stragi Falcone e Borsellino ma anche a ritorso nel tempo con la strage di Piazza Fontana che non si avvalse solo di elementi neofascisti.

Nel suo libro emerge come la ‘ndrangheta sia una costante in tutta la vicenda del rapimento di Aldo Moro. Questo di fatto è un aspetto nuovo rispetto alle pubblicazioni più recenti. Non c’è il rischio che venga considerata e paragonata ad una delle  dietrologie che si sono venute ad affermare in questi anni?

Capisco la domanda e fa bene a pormela. Io spiego e dimostro nei dettagli con gli strumenti giornalistici come la dietrologia non c’entri nulla.  Il ruolo della ‘ndrangheta che è la organizzazione criminale a oggi più potente al mondo, non solo in Italia, ha visto la sua forza triplicare mentre le luci della ribalta toccavano tutte e Cosa nostra. Ma al di là di questo giudizio storico che riprendo da storici di alto livello (non lo dico io) e da magistrati che ogni giorno la combattono studiandone quindi anche le origini, ci sono una miriade di elementi che lo dimostrano come riporto nel mio libro.
Secondo lei quali sono stati i limiti nonostante le varie pubblicazioni prodotte dagli storici fino ad oggi sul Caso Moro?

Non parlerei di limiti: intanto dopo 40 anni costituiti da commissioni parlamentari di inchiesta che a vario titolo se ne sono occupati, processi e l’ultima stessa Commissione Moro II conclusasi nel 2018 è normale che la possibilità di ottenere anche se con fatica documentazione aggiornata è maggiore; in secondo luogo, a parte le limitazioni di coloro i quali cercano con tutte le loro forze di far passare da anni che nel Caso Moro “tutto è chiarito”, i lavori di molti giornalisti studiosi e storici sono stati anche  a me utili per ricostruire alcune cose e far emergere evidenze inedite.

Di: Sunil Sbalchiero

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