Franz Steiner, a cavallo tra XIX e XX secolo, parla della contaminazione come una forte attenzione verso gesti di separazione, classificazione e pulizia. Nel Congo, per esempio, l’ambiente culturale è molto attento ai contatti, sia con animali che con oggetti, poiché non per igiene ma per paura di incorrere in malattie, frutto di maledizioni. L’impurità è la rappresentazione, secondo queste civiltà ataviche, confusa di una paura specifica che blocca la normale riflessione razionale. Gli antropologi si sono addentrati più profondamente nello studio di queste culture primitive ma le tracce di terrore erano ben mascherate da apparati rituali cadenzati e ragionati.
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Cartina geografica del Congo belga |
L’amore per la pulizia e il rispetto per le convenzioni sono i due elementi di cui si compone la nostra idea di sporco, che non è tale in ogni regione del mondo. Le norme igieniche cambiano con il mutare dello stato delle nostre conoscenze e talvolta possono essere messe da parte, come per esempio il caso degli uomini della fattoria di Hardy, che preferivano bere in brocche sporche per farsi emblemi di una comunità omogenea. Un caso simbolico nella cultura cristiana è rappresentato da Santa Caterina da Siena: ritenendosi indegna di curare i malati dal momento che le purulenze le causavano disgusto, si narra che bevve una coppa di pus al fine di punirsi e manifestare così il proprio pentimento.
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Santa Caterina da Siena |
Oggi non si hanno correlazioni tra pulizia e sacro, mentre durante l’epoca barocca e ancora nelle civiltà ebraiche e islamiche queste ci sono ancora. Per esempio, durante la caccia alle streghe e le grandi persecuzioni ed esorcismi, gli ebrei non bevevano acqua dai pozzi se non prima filtrata, giacché si era convinti che essa possedesse delle anime disciolte nonché dei demoni e che queste entità potessero tramite le labbra arrivare a pervadere il corpo. Sempre secondo la religione, occorreva seguire in modo precipuo le norme del Levitico, che enumeravano gli animali che si potevano o meno mangiare e che erano più o meno puri. Queste norme vennero successivamente applicate anche dai musulmani, benché essi le facevano pervenire dal Corano e non dalla Bibbia.
I lavacri e le separazioni in queste culture avevano lo scopo di offrire informazioni dietetiche e la trichinosi del 1828 venne imputata ad una cattiva applicazione delle norme comportamentali e igieniche del Deuteronomio. Queste peculiarità furono a lungo osservate da Kramer, un noto studioso biblico. Trattando invece i primitivi, essi non operano alcuna distinzione tra il sacro e l’impurità. Durkheim aveva definito la religione sulla base della differenza tra l’igiene primitiva e la religione primitiva.
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Émile Durkheim (1858-1917) |
Casi simili alle grandi religione monoteiste si hanno nelle civiltà degli Yoruba, Havik, Bemba, Boshimani Kung, Dinka. In particolare, questi ultimi, seguivano un rituale ben preciso per la cura della malaria, causata forse da un sortilegio, ma sanata attraverso operazioni mediche e sanitarie molto logiche. Da parte del rito si spera sempre che vi sia una qualche efficacia esterna: si tratta delle religioni spirituali legate alla natura. La cultura primitiva ha una forte avversione verso la contaminazione, mentre per noi essa è solamente una questione igienica, estetica e di galateo. A tal proposito alcuni studi concernenti queste pratiche si sono sviluppati a fronte della concezione stessa dell’acqua e di che cosa comporta, come il trattato di Paolo Sorcinelli.
Acqua, contaminazione e credenze misteriose:
Abbiamo già citato il caso dell’invasione corporea di spiriti negativi tramite l’abbeveramento a fonti non purificate nel caso della religione ebraica, ma anche altre sono le concezioni dell’acqua. Hervè Maneglier ci parla di quattro ere in cui se ne divide l’utilizzo: nell’era primaria si parla di acque lustrali; nell’era secondaria si spiegava il suo addomesticamento per l’irrigazione agricola; nell’era terziaria i pozzi individuali ebbero la meglio sugli acquedotti collettivi; in quella quaternaria, la cui nascita si pone nel XIX secolo, si scoprono i comfort e la sua potabilità, dagli studi di Pasteur.
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Louis Pasteur (1822-1895) |
Commisto a ciò si hanno le agiografie: i Santi e i loro miracoli sono strettamente collegati all’uso dell’acqua. Per esempio, nei casi di guarigione di San Fantino seniore si cura un cieco tramite l’imposizione delle mani del santo stesso, ma poi gli occhi vengono detersi. Simili strategie sono operate da Sant’Elia Speleota e San Giovanni Theristi. A Gerusalemme viene addirittura scavata la cosiddetta “piscina probatica”. Altre sono poi le credenze che si discostano dal raziocinio.
Nel biellese è vietato fissare a lungo l’acqua dei pozzi, in quanto si troverebbe una sorta di sirena, descritta come creatura demoniaca dagli occhi verdi. Nel Piemonte le fonti sono invece la sede di spiriti buoni che aiutano i contadini. In Irlanda le sorgenti sono ritenute invase da spiriti mortiferi che si possono aizzare contro i nemici. Nelle credenze legate alla rabbia e alla licantropia diverse sono le varianti, spiegate da Gianfranca Ranisio. Il lupo mannaro di norma lo si raffigura come sporco di fango o completamente fradicio e la sua trasformazione è coadiuvata o scatenata dalle tempeste. In altri racconti, il soggetto può evitare la trasformazione tuffandosi in un bacino limpido. Quando di notte si sente che ululano e corrono per i campi, si pongono fuori dalle porte delle abitazioni degli otri ricolmi che avrebbero la capacità di soffocare la crisi isterica.
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Le prime docce progettate da Merry Delabost (1836-1918) |
E voi, come vi lavate? Preferite la doccia? Ebbene, essa compare solo nel 1872 grazia all’ingegno di Merry Delabost. L’idea? I lavacri quotidiani per i carcerati.
Di: Anna Maria Vantini
Fonti:
Mary Douglas, Purezza e Pericolo, Il Mulino, Bologna, 1996
J.H. Hajes, Posseduti ed esorcisti nel mondo ebraico, Bollati Boringhieri, Milano, 2010
Paolo Sorcinelli, Storia sociale dell’acqua. Riti e culture, Bruno Mondadori, Milano, 1998
(a cura di) Vito Teti, Storia dell’acqua. Mondi materiali e universi simbolici, Donzelli Editore, Roma, 2003