Il mistero del cuore di Adelchi

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Nella vita di Alessandro Manzoni gioca un ruolo fondamentale la conversione al cristianesimo. Fu un fatto totalizzante, che investì profondamente la sua personalità. Scrisse nel 1819 le Osservazioni sulla morale cattolica, con lo scopo di controbattere le tesi esposte da Sismonde de Sismondi – rinomato storico di Ginevra – nella Storia delle repubbliche italiane nel Medio Evo. In questo trattato, Sismondi sosteneva che la morale dei cristiani cattolici era stata la radice della corruzione del costume italiano.

Un ritratto-fotomontaggio raffigurante lo stesso Alessandro Manzoni.
Manzoni controbatte facendo trasparire dalle sue Osservazioni una fiducia assoluta nella religione come fonte di tutto ciò che è buono e vero, definendola il punto di riferimento di ogni qualsivoglia scelta, dalla politica alla spiritualità.

Tale svolta nel carattere di Alessandro Manzoni si rispecchia nella letteratura.
In primo luogo, legge la storia non più attraverso la lente classicista, che vedeva nel mondo romano l’antecedente della modernità e un supremo modello di civiltà, bensì secondo la visione cristiana. Secondo questa concezione, riscopre il Medio Evo cristiano, vera matrice della civiltà moderna, rifiutando altresì l’ottica eroica ed aristotelica che celebra i grandi, i potenti e i vincitori, tralasciando intere masse di individui considerati di minor rilievo. Manzoni sente così la necessità di una rinnovata letteratura che guardi al “vero” dell’uomo, rifiutando il formalismo retorico e l’arte come ornamento stilistico.

In una lettera a Cesare D’Azeglio del 1823 scriverà che i principi che muovono la ricerca letteraria sono “L’utile per iscopo, il vero per soggetto e l’interessante per mezzo“: in tal modo Manzoni realizza le esigenze di rinnovamento letterario proprie del gruppo romantico.

Interessandosi dunque alle storie dei vinti e del popolo dimenticato dalla grande storia enciclopedica di matrice illuminista ed in obbedienza al culto del vero, scrive due tragedie: Il conte di Carmagnola e Adelchi.

Quest’ultima opera sarà più emblematica per la lettura dei cambiamenti stilistici e tematici adottati dal Manzoni, che afferma, in una lettera a Chauvet, di non voler inventare fatti per adattarvi dei sentimenti, bensì “spiegare ciò che gli uomini hanno sentito, voluto e sofferto, mediante ciò che essi hanno fatto“.

Il culto del “vero” va ad escludere anche l’osservanza delle unità aristoteliche di tempo e spazio, in quanto costringerebbero il poeta ad inutili forzature ed esagerazioni. Solo la libertà da regole artificiose, per Alessandro Manzoni, consente la riproduzione della verità storica.
Nell’opera Adelchi (1822) mette dunque in scena il crollo del regno longobardo in Italia nell’VIII secolo, sotto la spinta dei Franchi di Carlo Magno
Nel mentre, si pubblica il saggio storico manzoniano Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia, in cui si narrano le cronache effettive.

In Adelchi si vedono in scena quattro personaggi principali: Desiderio, re dei Longobardi; Adelchi, suo figlio, che sogna la gloria in nobili imprese in un’Italia dominata dalla meschinità e dall’ingiustizia; Ermengarda, sorella di Adelchi – non è verificata la veridicità del nome storico, in quanto non compare nelle cronache a noi giunte, ma effettiva sorella di Adelchi e Gilperga – e moglie di Carlo Magno, che morirà a causa della forte passione che la attanaglia al ripudio da parte de marito; Carlo Magno stesso, che si propone come difesa e garanzia del Papa contro i Longobardi.

Una raffigurazione della morte di Ermengarda, distrutta dal dolore causatole dall’abbandono da parte di Carlo Magno, suo promesso sposo. 
Ciò che sorprende in questo testo, oltre al vero storico, è la forza tragica della contrapposizione tra i personaggi politici – Desiderio e re Carlo – e quelli ideali – Adelchi e Ermengarda. 
Questi ultimi sono inadatti a vivere nel mondo, schiacciati dalle passioni romantiche dei loro animi e cercheranno una soluzione nell’aldilà, letto come via di fuga dalla corruzione terrestre.
Il testo presenta dialoghi carichi di tormento, passioni, emozioni e sfavilla per la scelta accurata dei termini linguistici da parte dell’autore. Manzoni erige dunque Adelchi ad eroe romantico, come tale è anche il fascino in cui si stagliano la figura ed il destino infelice dell’eroe manzoniano, che sarà condannato alla sofferenza e all’infelicità a causa dei suoi medesimi ideali.

Tuttavia, come si nota nell’atto III, egli non è un ribelle come altri personaggi del romanticismo: non sfida il padre, a differenza degli eroi alfieriani, non si occupa di politica, al contrario di Jacopo Ortis – alter ego di Ugo Foscolo – e non si oppone nemmeno a norme civili o alla ragion di Stato.
Il mio cor m’ange, Anfrido: ei mi comanda 
Alte e nobil cose; e la fortuna 
Mi condanna ad inique; e strascinato 
Vo per la via ch’io non mi scelsi, oscura, 
Senza scopo; e il mio cor s’inaridisce,
Come il germe caduto in rio terreno, 
E balzato dal vento.
 (Adelchi, III, 1)
Una raffigurazione medievale di Adelchi in quanto personaggio storico: non ha saputo vincere contro Carlo Magno e la sua casata finirà con lui, un eroe romantico e cristiano, medievale che è passato comunque alla storia, sebbene sia stato sconfitto.
Il rifiuto di Adelchi della contemporaneità che vive si intravede solamente nell’interiorità che balena in qualche sporadico dialogo della tragedia, secondo appunto le norme del cristianesimo medievale, che presupponeva taciti lamenti e dolori soppressi. È una vittima del proprio tempo a tutti gli effetti, quindi si pone come una delle figure che viene prediletta da Manzoni nella rinnovata letteratura: è nella morte il riscatto di un cristiano, poiché attraverso essa ci si può finalmente inoltrare in una dimensione immune dalla degradazione dell’esistenza storica.

Il tipico conflitto romantico tra ideale e reale, nella prospettiva religiosa del Manzoni, si risolve dunque nell’ordine dell’eterno: in una vita nuova gli uomini e le donne del “volgo disperso che nome non ha” troveranno la propria agognata Patria.  
Al pio colono augurio
Di più sereno dì.
(coro atto IV)
Di: Anna Maria Vantini

Fonti:

– A. Manzoni, Adelchi, Garzanti, Milano, 2000
– M. Gorra, Manzoni, Palumbo, Palermo, 1962
– E. Sala Di Felice, Il punto su Manzoni, Laterza, Roma-Bari, 1989
– B. Croce, Alessandro Manzoni. Saggi e discussioni, Laterza, Bari, 1930
– R. Amerio, Alessandro Manzoni filosofo e teologo, Torino, 1958
– A. R. Pupino, Manzoni. Religione e romanzo, Salerno, Roma, 2005

3 commenti

  1. Unknown

    \”Quest'ultima opera sarà più emblematica per la lettura dei cambiamenti stilistici e tematici adottati dal Manzoni, che afferma, in una lettera a Chauvet, di non voler inventare fatti per adattarvi dei sentimenti, bensì \”spiegare ciò che gli uomini hanno sentito, voluto e sofferto, mediante ciò che essi hanno fatto\”.\”Scusate le doppie virgolette ma la frase da una importante chiave di lettura

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  2. Unknown

    Questo commento è stato eliminato dall\’autore.

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  3. Anna Maria Vantini

    Sì, è vero! Grazie mille per il commento.

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