La riflessione filosofica di Kant è sempre decisa nel sottolineare costantemente il ruolo dell’esperienza, della complessità molteplice del reale, andando a maturare, nel corso degli anni ’80 del Settecento, un interesse crescente per il problema della possibilità di una trattazione scientifica della natura organica. Offre altresì la definizione di puntualizzazione della questione esplicitata nella Kritik der Urteilskraft, edita per la prima volta nel 1790 e conosciuta in Italia come Critica del Giudizio. Occorre però, per uno studio più puntuale, avere delle massime di riferimento a cui poter far fede, onde migliorare la propria conoscenza in termini illuministici e nell’ordine di uno studio prettamente scientifico. Da qui si potranno trovare rapporti di studio tra l’oggetto esaminato e l’ambiente in cui esso si trova.
La riflessione filosofica di Immanuel Kant, in questo senso, interagisce in misura cospicua con il dibattito scientifico dell’area germanica. La concezione del suo pensiero mette in evidenza il ruolo dell’indagine nella fondazione e nello sviluppo della conoscenza scientifica, procedendo all’analisi del mutamento dell’immagine del mondo prodotta dall’evoluzione illuministica a partire da Copernico, Kepler e Galileo Galilei.
In tal senso il filosofo fonda ed esercita una critica della ragione che non si limita a sottoporre le analisi al vaglio dei criteri dell’esperienza delle scienze fondata sull’uso della matematica e sottolinea in ogni occasione di dibattito i limiti della conoscenza umana, estendendo il modello di analisi di Isaac Newton. Si fa dunque interprete di un’esigenza di unità di sistema, tra induzione e deduzione, dall’universale al particolare e viceversa. Le università tedesche oppongono istituzioni irrigidite nella loro arretratezza alla penetrazione e alla diffusione delle varie linee di ricerca presenti nel resto dell’Europa.
Lo scienziato, in tale contesto, continua ad essere di fatto un filosofo naturale e la scienza non cessa di essere letta come una sorta di filosofia naturale, in cui sono però assenti le partizioni tra le varie tipologia di trattazione specialistica, come astronomia, fisica, matematica.
La forma di studi rappresentata ed esaminata può essere considerata il punto di frattura tra natura e spirito, tendenzialmente rifiutata. In alcuni autori, la creazione letteraria è intessuta di immagini, metafore e simboli: si parla di Novalis; Friedrich Schlegel; Ludwig Tieck; Achim von Armin.
L’attività di Hans Christian Ørsted – chimico e fisico danese, scopritore dell’elettromagnetismo al quale è stato dedicato anche un asteroide, il 16853 Orsted – per la diffusione dei temi cruciali della scienza romantica sollevava più di una reazione critica da parte dei lavori scientifici, per esempio, come i lavori di Ritter. Questi ultimi, seppur intrisi di anticipazioni profetiche, erano carenti di un adeguato supporto sperimentale e le reazioni della comunità internazionale si univano alle perplessità di Ørsted stesso circa i connotati totali e mistici assunti dalla concezione dei sostenitori della fisica speculativa di Schelling. Ritter parlava infatti di un galvanismo, ovvero di un rapporto tra la natura e lo spirito vigente, nonché di rapporti stretti tra elettricità e chimismo. Quando giunse però alla scoperta dell’elettromagnetismo, si arrivò ad una svolta positiva riguardo la sua personalità all’interno della comunità scientifica, che finalmente lo accolse.
Friedrich Schelling – idealista tedesco assieme a Fichte ed Hegel, che vede unitario e ideale l’Essere in quanto tale – si fa invece promotore di una visione unitaria dei processi di natura organica e della scienza che ne è possibile, non segnando cesure di sorta alcuna tra organico e inorganico.
Ricollegandosi a Carl Friedrich Kielmeyer – biologo e naturalista di Bebenhausen, vissuto tra il 1765 e il 1844 – Schelling affermava che all’organizzazione del vivente non può bastare una forza di formazione, posseduta anche dalla materia morta, che offre prodotti dunque morti. Afferma che “la disposizione originaria della materia alla organizzazione si trova effettivamente nelle forze formatrici che spettano alla materia come tale, poiché, senza queste forze, non sarebbe pensabile che avesse origine una materia più distinta o distinguibile per figura e coesione. Ma del pari, a causa del fatto che la natura formatrice è dominante nella materia non organica, deve sopravvenirle, nella natura organica, un principio che la sollevi al di sopra della prima.” Si tratta dunque di un principio che non può essere dello stesso tipo di quello che sovraintende ai processi di formazione dell’inorganico in sé.
Questo secondo tipo di principio è dunque l’impulso formativo, nel quale concetto è implicito che “la formazione non si verifichi solo ciecamente, ma che a quanto di necessario si trova in queste forze si aggiunga l’elemento contingente di una influenza esterna che, nel movimento in cui modifica le forze formatrici della materia, le costringe nello stesso tempo a produrre una forma determinata”. In questo senso, la forza diviene impulso formativo, non appena che ai suoi effetti morti si aggiunge qualcosa di contingente, come “l’influenza perturbante d’un principio estraneo”. Questo impulso formativo è pertanto il principio, limitato però dalla ricettività della materia stessa nel processo di creazione. Il medesimo concetto non può essere applicato alla materia determinata, poiché essa è già in atto e viva.
Si può dedurre da tutto ciò l’inizio degli studi scientifici relativi alla nascita ed evoluzione della vita nel pensiero filosofico occidentale.
Di: Anna Maria Vantini
Fonti:
– (a cura di) Paolo Rossi, Storia della scienza moderna e contemporanea. Dall’età romantica alla società industriale, voll. II, TEA, Milano, 2000
– Immanuel Kant, (a cura di) A. Gargiulo, Critica del Giudizio, Editori Laterza, Roma-Bari, 1997
– Thomas Bach, Biologie und Philosophie bei C. F. Kielmeyer und F. W. J. Schelling. Frommann-Holzboog, Stuttgart, 2001
– Friedrich W. Schelling, (a cura di) G. Boffi, Sistema dell’idealismo trascendentale, Bompiani, Milano, 2006
– Dan Ch. Christensen, Hans Christian Orsted: Reading Nature’s Mind, Oxford, 2013