La storia è cosa viva: Considerazioni a margine del ritrovamento di una nuova iscrizione a Pompei

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Che la storia possa essere riscritta non è motivo per crederla inattendibile. Al contrario, è la prova che si tratta di materia viva, mutevole, oggetto d’attenzione scrupolosa e di conoscenza che si rinnova nel presente. Andare a ri-costruire fatti lontani decenni e secoli, a patto di non renderlo un processo di mera manipolazione d’eventi e accadimenti ad uso e consumo del presente, è rendere onore ai concetti di verità e memoria servendosi di fonti – dirette e non – ed interpretandole sulla base di argomentazioni coerenti, sostenendole con prove evidenti.

E’ notizia di qualche giorno il ritrovamento di un’iscrizione a carboncino sul muro di un’abitazione pompeiana ( la “casa con giardino”) nel corso di una campagna di scavi all’interno del sito. Questa breve frase, il cui significato è dubbio, pare post-datare di due mesi uno degli eventi più drammatici dell’antichità, l’eruzione del Vesuvio del 79 d. C.

Due sono state le proposte per l’interpretazione dell’epigrafe rinvenuta:

XVI (ante) K(alendas) Nov(embres) in(d)ulsit pro masumis esaurit(ioni) [ossia: il 17 Ottobre lui indulse al cibo in modo smodato].
XVI (ante) K(alendas) Nov(embres) in olearia/ proma sumerunt [il 17 Ottobre hanno preso nella dispensa olearia].

Quale che sia l’esatta lettura dell’iscrizione a carboncino – e su questo non c’è dubbio che ci sarà da lavorare – resta certo che in data 17 Ottobre a Pompei ci fosse ancora vita. Tutto ciò entra in conflitto e anzi smentisce senza appello quanto finora dato per certo sulla base di una nota lettera di Plinio il giovane in cui racconta a Tacito della morte dello zio Plinio il Vecchio durante la catastrofe, datata 24 Agosto.

Dubbi sull’effettiva datazione dell’eruzione vulcanica erano in realtà nell’aria: il ritrovamento di una moneta che riferiva della quindicesima acclamazione di Tito avvenuta l’8 Settembre lasciava già trapelare qualche incertezza. Il rinvenimento dell’epigrafe a questo punto non sembrerebbe lasciare dubbio alcuno.

La questione, in sè, parrebbe pure di poco conto: tutto troverebbe una logica spiegazione, ad esempio, se si pensasse ad un banale errore nella trascrizione della data della lettera di Plinio ad opera degli autori successivi. Inoltre, che l’eruzione abbia concesso alla città qualche mese di vita in più, se a livello umano può dirci qualcosa, in termini puramente fattuali sembrerebbe cambiare poco. Si rendono necessarie però delle considerazioni che rendono la scoperta dell’epigrafe più rilevante. In primo luogo, in quel seppure breve lasso di tempo persone credute morte hanno continuato a vivere, tessendo fatti ed eventi, partecipando a quella che comunemente chiamiamo vita, determinando di conseguenza elementi più e meno importanti (per assurdo, nel Settembre di quell’anno proprio da Pompei potrebbero aver preso il via avvenimenti la cui origine attualmente è legata ad altri contesti – non diciamo che è così, ma che un’ipotesi del genere rientra fra le trame del possibile ).

In secondo luogo, a margine si possono portare avanti alcune riflessioni di carattere più ampio su quale sia il significato stesso del fare storia e della storia in sé: ricostruire il passato, ritrovarne le fonti e interpretarle è mestiere complesso che mette a contatto con un materia duttile e sfuggente, la cui lettura necessità di puntelli solidi – riscontri oggettivi – e di valide connessioni, ossia di una mente acuta che possa metterli in correlazione.

La stessa mente – quella dello storico – dovrà essere disposta ad ammettere errori, a prevedere ritocchi ed a concepire smentite laddove necessario, sottintendendo in questa maniera che la descrizione del passato, lungi dal darsi una volta per sempre, sarà sempre relativa allo stadio delle conoscenze che l’hanno prodotta.

Di: Simone Migliazza

Fonti:
http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2018/10/16/pompei-iscrizione-eruzione-a-ottobre_134d400c-b285-4926-ba01-b83b145cb3fb.html

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