La vera storia di Mary Celeste: la nave fantasma ritrovata intatta

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Il 1872 non fu un buon anno per i marinai delll’Oceano Atlantico. Colpite da alcune delle peggiori condizioni meteorologiche della storia, centinaia di navi furono perse o abbandonate in mare. Ma la Mary Celeste si distingue come l’unica che alla fine ha trovato la sua strada di ritorno in porto senza il suo equipaggio. Il 5 dicembre (circa un mese dopo aver lasciato New York), è stata scoperta dall’equipaggio di una nave diversa, la Dei Gratia, in condizioni quasi perfette. Le sue razioni erano completamente rifornite e il suo carico era al sicuro nella stiva. L’unica cosa che mancava era una scialuppa di salvataggio e… ogni anima vivente a bordo.

Dalla ricostruzione storica sembra che l’equipaggio sia saltato sulla scialuppa di salvataggio in fretta, troppo in fretta per raccogliere almeno una delle loro scorte. Tuttavia non al momento della scoperta non c’era alcun segno di un disastro che avrebbe causato quel tipo di panico. E, dopotutto, la nave era piena zeppa e conteneva circa 1700 barili di alcool industriale.

La storia della nave Mary Celeste cominciò a diffondersi quando Sir Arthur Conan Doyle, scrittore e drammaturgo scozzese, pubblicò una storia per spiegare quello che accadde, incolpando un ex schiavo vendicativo del suo naufragio. Tuttavia, ad oggi una spiegazione particolarmente convincente non esiste, ma ci sono alcune teorie che vale la pena considerare.

Come ci spiega Giancarlo Costa, storico navale e scrittore, tale episodio misterioso: «va inquadrato in un’epoca, in cui si credeva e voleva credere molto al soprannaturale, al magico, allo spiritismo. E anche alle navi fantasma». Mostri e paure che ritroviamo tutte puntualmente nel caso Mary Celeste. «Si è detto tutto e il contrario di tutto. Per spiegare la sparizione dell’equipaggio si sono ipotizzate trombe marine, onde anomale, tempeste, iceberg; grandi piovre (kraken), pirati, alieni; folli scommesse, maniaci religiosi; malattie… I giornali hanno continuato ad attingere dall’enigma, facendo apparire di tanto in tanto improbabili superstiti».

Solo ultimamente però, la documentarista Anne MacGregor ha fornito una spiegazione abbastanza convincente del perché l’esperto capitano avrebbe fatto l’impensabile e avrebbe abbandonato una nave in grado di navigare ancora. Non si sarebbe trattato infatti di un assalto dei pirati, in quanto essi avrebbero rubato il carico, rimasto invece intatto. Non fu nemmeno un incendio a mettere in fuga i naviganti, poiché non c’era alcun segno di danno a bordo della nave. Avendo escluso l’impossibile (ovvero ogni credenza fantasiosa) e l’improbabile, MacGregor si rivolse unicamente a ciò che poteva verificare: i registri cartacei della nave.

Secondo gli ultimi documenti consultati, la nave era in vista di Santa Maria nelle Azzorre il 25 novembre e 10 giorni dopo, fu trovata a 400 miglia ad est da quel punto. Secondo la stima di MacGregor, lo scenario più probabile è che l’equipaggio abbia abbandonato la nave nell’ultimo giorno consultato nel registro e che la nave abbia fatto il resto del percorso da sola.

Ma perché questo gesto disperato e insensato da parte dell’equipaggio? Dopo aver esaminato attentamente i registri disponibili, MacGregor e l’oceanografo Phil Richardson, giunsero alla conclusione più plausibile e alquanto particolare: secondo i loro studi, il capitano aveva un cronometro difettoso che suggeriva che la nave si trovava a circa 120 miglia a ovest rispetto a dove effettivamente si trovava. Così, a causa di un oceano turbolento, il capitano probabilmente ordinò all’equipaggio di abbandonare temporaneamente la nave e dirigersi verso l’isola vicina. L’equipaggio, probabilmente disperso o affogato nell’oceano, non fece più ritorno sulla nave, che rimase intatta e continuò a navigare fino al primo avvistamento, quasi un mese dopo, da parte della Dei Gratia. Una storia incredibile, che lascia tutti – amanti del mistero e non – con l’amaro in bocca. Se solo il capitano avesse avuto più fiducia nella sua nave, molto probabilmente tutti sarebbero giunti a destinazione sani e salvi…

Di: Claudio Pira

Fonti:
Roberti V. Il mito della Mary Celeste, Mursia, Milano
Progetto Gutenberg – Il capitano del Polestar di Arthur Conan Doyle, su gutenberg.net.
La vera storia del Mary Celeste, Smithsonian Networks, su https://www.smithsonianchannel.com/shows/the-true-story-of-the-mary-celeste/0/130102 URL consultato il 30 ottobre 2018 (archiviato dall’url originale il 1º febbraio 2008).

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