Berlino: 1 Luglio 1988

Tempo di lettura: 7 minuti Il primo giorno di Luglio del 1988 a Berlino fu una giornata insolita. Nello spazio compreso tra la Lennéstrasse, la Bellevuestrasse e la Ebertstrasse, il cosiddetto triangolo di Lenné, si consumò una storia singolare: l'unica fuga dall'Ovest all'Est che ci sia mai stata, dalla divisione della città alla fine della seconda guerra mondiale fino al crollo del muro, nel 1989.
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Il primo giorno di Luglio del 1988 a Berlino fu una giornata insolita. Nello spazio compreso tra la Lennéstrasse, la Bellevuestrasse e la Ebertstrasse, il cosiddetto triangolo di Lenné, si consumò una storia singolare: l’unica fuga dall’Ovest all’Est che ci sia mai stata, dalla divisione della città alla fine della seconda guerra mondiale fino al crollo del muro, nel 1989.

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Il triangolo di Lennè

I casi di fuga riportati dagli archivi e dalle cronache, siano essi riusciti o solo tentati, per quanto vari nella descrizione di modi e tempi, su una cosa concordano: la direzione. Quegli uomini e quelle donne che popolano  racconti di vicende ai confini della realtà – viaggi in mongolfiera o attraverso tunnel sotterranei, deragliamenti di treni coscientemente cercati e via dicendo – erano mossi da un unico desiderio, raggiungere l’Ovest. Quell’estate a Berlino, invece, 200 fra uomini e donne – e tra questi attivisti, punk, ecologisti e squatters – scapparono tutti insieme ad Est, verso il cuore della DDR. 

Il triangolo di Lennè all’epoca era quasi una zona franca, una terra di nessuno in cui, lontano dall’uomo, animali e piante indisturbati avevano colonizzato lo spazio urbano alle spalle del Tiergarten creando un ecosistema specifico che riuniva in sé caratteristiche proprie e irripetibili.

Ma, politicamente parlando, a chi apparteneva quel non-luogo e perché? 

Se è vero che guardando una cartina il triangolo di Lennè si trovava nei territori dell’Ovest, quel ritaglio di terre era in realtà amministrato dalla Germania dell’Est. Questo accadeva perché il muro di Berlino, fin dalla sua costruzione, in alcuni tratti interrompeva il tracciato previsto per motivi essenzialmente economici: era stato più semplice segnare i confini del triangolo con una semplice recinzione che ne definiva il perimetro piuttosto che deviare il percorso del muro per abbracciare l’intera area, con dispendio di soldi e lavoro.

Situazioni di questo tipo, nell’epoca delle due germanie non erano affatto una rarità. Il problema delle ex-clavi – ossia di territori politicamente amministrati da uno stato ma geograficamente inclusi in un altro – a Berlino si era posto fin dai tempi dell’occupazione alleata, nel 1945, ed era continuato una volta sorte la RFT e la RDT. Tutto ciò comportava non pochi problemi pratici. Un caso per tutti fu quello di Steinstucken, un piccolo territorio appartenente alla Germania Ovest ma che si trovava nei confini dell’Est. A differenza di altre ex-clavi libere da insediamento umano, questa era abitata e per le persone che ci vivevano, cittadini dell’Ovest, raggiungere “la loro città” significava attraversare i territori dell’Est. Ma le autorità della RDT rendevano spesso il transito volutamente difficoltoso per cui frizioni e attriti con l’Ovest erano all’ordine del giorno. Si trattava di una situazione francamente insostenibile.

Un graffito sul muro di Berlino
Foto di Mar Cerdeira  su Unsplash

Per queste ragioni, a partire dal 1971 si erano stipulati una serie di accordi volti a sciogliere il nodo delle ex-clavi che, per puro caso, in maggioranza erano territori della Germania Ovest. Già nel Dicembre del 1971 si firmò l’ Accordo per il regolamento delle ex-clavi tramite lo scambio di territori che, come dice il nome stesso, prevedeva uno scambio di territori fra le due germanie in modo da facilitare i collegamenti con le ex-clavi e per i quali si doveva stabilire un prezzo. Fu proprio in seguito a questo accordo che Steinstucken ottenne due ettari di terreno che consentirono la costruzione sullo stesso di un collegamento stradale con l’Ovest, fino a Zelhendorf. Quest’ultimo in cambio pagò 4 milioni di marchi tedeschi alla RDT.

Allo stesso modo anche il Lennè-dreieck di fatto costituiva un ex-clave: un terreno allo stato brado, una sporgenza di terra dell’Est oltre il muro e pressoché inutilizzato, posto tra il Tiergarten e Potsdamer platz. Il 31 Marzo 1988, dopo 4 anni di trattative, si arrivò alla stipula di un contratto che stabiliva la cessione del triangolo all’amministrazione di Berlino Ovest. La RFT ottenne  complessivamente poco meno di cento ettari di territori, mentre alla RDT furono cedute le ultime exclavi di Berlino Ovest – Falkenhager Wiese, Laszinswiesen e Wüste Mark – oltre ad una striscia di  territorio allo scalo merci Eberswalder Güterbahnhof, a nord della Bernauer Straße, nel distretto di Wedding. In  cambio l’Ovest pagò 76 milioni di marchi al governo della RDT

I progetti della RFT per il triangolo di Lennè prevedevano di costruire una strada a scorrimento veloce su un’area che era diventata ormai una vera e propria oasi naturale nel mezzo della città. E’ a questo punto che scoppia la protesta da parte di ecologisti, ambientalisti, punk e contestatori.

Dal 25 maggio al 1 luglio

Il 25 Maggio 1988 una folla eterogenea occupa il triangolo proclamandolo rechtsfreier Raum (territorio al di fuori del diritto) e rinominandolo  Kubat-dreieck, in memoria di Norbert Kubat, un giovane che un anno prima si era suicidato in carcere dopo essere stato arrestato per il suo presunto coinvolgimento nel saccheggio di un supermercato a Kreuzberg. Kubat, infatti, aveva partecipato alla manifestazione del 1 Maggio 1987, che da tradizionale festa dei lavoratori si era trasformata in un bagno di violenza con scontri tra manifestanti e forze dell’ordine intervenute a bloccare le proteste contro il governo dell’Ovest – all’epoca in mano alla destra –  ed i suoi metodi repressivi. Un supermercato fu incendiato (in realtà opera di un piromane, come appurato successivamente), vetrine e negozi saccheggiati ed un quartiere intero messo sottosopra da una guerriglia urbana che andò avanti per una notte intera. Anche in quell’occasione punk, squatters, anarchici erano il cuore della protesta, rappresentanti di quella sottocultura berlinese  che ha caratterizzato la città per tutti gli anni ’80.

Brecce nel muro di Berlino
Foto di Vidar Nordli-Mathisen su Unsplash

All’occupazione il governo della RFT rispose in maniera decisa. Circondò la zona con filo spinato e con le forze dell’ordine armate di idranti: ricostruire una recinzione, infatti, si era reso necessario dopo che l’Est aveva lasciato il territorio portandosi via la sua, consapevole di mettere in difficoltà l’Ovest. Fu una sorta di sorveglianza a vista, senza intervento massivo in un primo tempo. Non bisogna dimenticare, infatti, che formalmente il triangolo di Lennè era ancora territorio dell’Est e lo sarebbe rimasto fino all’1 Luglio. Dal canto suo, la RDT seppure non godesse a vedere i manifestanti occupare un loro territorio, si guardò dall’intervenire poiché intuì come quella sarebbe potuta diventare una situazione a suo favore, passando – almeno in quell’occasione – agli occhi dell’opinione pubblica dalla parte dei buoni. Che si fosse davanti ad una polveriera pronta ad esplodere era nell’aria. Quell’occupazione pacifica, nata sotto la bandiera ambientalista, era espressione, infatti, dello stesso malcontento che il primo maggio dell’anno prima aveva portato ad una delle più violente guerriglie urbane dell’epoca moderna.

Intanto gli occupanti creavano un piccolo villaggio ecosostenibile in quello spazio  naturale dove si potevano contare ormai ben 161 specie diverse fra flora e fauna, cresciute in libertà, lontano dall’intervento umano. Avevano costruito baracche e capanne di legno, coltivato orti, allevato animali tra cui polli e capre. Qualcuno, con una bomboletta spray, aveva disegnato sul muro una freccia con l’indicazione colorata: DURCHS WILDE KUBATSTAN – Attraverso il selvaggio Kubatstan. Per di là. Una sorta di oasi felice che riceveva solidarietà e sostegno dai berlinesi stessi, i quali non mancavano di lanciare al di là del filo spinato generi di prima necessità per aiutarli. 

Nell’attesa del primo Luglio,  il governo della RFT fremeva, consapevole che lo sgombero dell’area avrebbe causato tensioni e alimentato scontri. Di fronte ad una tale prospettiva aveva invocato finanche un intervento degli inglesi – essendo il triangolo nella loro area territoriale – i quali se ne lavarono le mani rispondendo che quel territorio era ancora competenza della DDR.  A questo punto, l’Ovest propose due alternative alla RDT:  concedere alla RFT la sovranità immediata sul triangolo di Lennè in modo da legittimare un intervento immediato delle forze dell’ordine; oppure, un’azione della polizia dell’Est affinché sgomberasse subito il territorio. Inutile dire che entrambe le richieste furono rifiutate mentre la tensione saliva di minuto in minuto. Gli scontri tra occupanti e polizia, da una parte  e dall’altra del filo spinato, si moltiplicavano: alle molotov ed alle pietre degli ambientalisti la polizia di Berlino Ovest rispondeva con idranti e lacrimogeni. I feriti non mancavano: se ne arrivarono a contare venti.

Il 22 Giugno 1988 così riportava il corrispondente di “Repubblica” a Bonn:

BONN – Gravi disordini in una zona occupata da ecologisti, autonomi, punk e giovani disoccupati al Triangolo Lennè di Berlino-ovest hanno provocato nove feriti tra la polizia occidentale e un numero imprecisato tra i dimostranti. La polizia ha reso noto che gli agenti hanno riportato ferite per il lancio di pietre e biglie di acciaio da parte dei dimostranti asserragliati su un triangolo di terreno che, malgrado si trovi sul versante occidentale del muro di Berlino, finora era amministrato dalle autorità di Berlino Est.

In un clima di crescente attrito e di violenza repressa, arriva Luglio: all’alba del primo giorno del mese 900 poliziotti occidentali entrano nel triangolo di Lennè per sgomberarlo e fare piazza pulita. Arrivano con camionette rinforzate assieme ai van bicolore con la scritta POLIZEI. Sono in tenuta antisommossa, equipaggiati di scudi, caschi e cartuccere stipate di munizioni. Con pinze e tenaglie strappano via il filo spinato che loro stessi, tempo prima, avevano fissato. Distruggono qualsiasi cosa si trovino davanti: orti, tende, capanne. Gli ambientalisti scappano. Corrono via, cercando di sottrarsi alle forze dell’ordine. Scappano verso il muro, si arrampicano su una sorta di ponti di ferro che avevano preparato in vista degli scontri per raggiungere la vetta del muro. Li vedi, donne e uomini di età diverse, giovani e vecchi, più e meno agili stare lì in cima ed aspettare di scendere dall’altro lato, nella DDR. Qui, scale e camion sono messi a disposizione da parte della polizia orientale, che a braccia aperte accoglie la disfatta di quell’esercito verde e lo scorta fino a Berlino est, dandogli un pasto caldo, raccogliendo le generalità e riaccompagnandoli come figli che avessero fatto una bravata alla stazione di Friedrichstrasse, per tornare all’Ovest. 

Del villaggio dalla vita breve non resta nulla: con ruspe e scavatori si portano via resti e relitti: Un anno, quattro mesi e otto giorni dopo cadeva il muro di Berlino.

Di: Simone Migliazza

Fonti:

http://www.spiegel.de

https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio

https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1988/06/22/

https://www.berlin.de

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