27 gennaio. Questo è il giorno in cui si celebra la giornata della memoria. Si ricordano olocausto, Shoah, l’apertura dei campi di concentramento per lo sgombro ufficiale, il numero di vittime, quanti sono morti nei forni crematori del Terzo Reich.
Non si ricordano però i campi di sterminio nipponici siti nell’unità 731 in Cina, dove innumerevoli cinesi furono uccisi dopo aver preso parte agli esperimenti del dottor Shiro Ishii, che infinite mutilazioni, vivisezioni, studi relativi ad armi chimiche fece su corpi esanime.
Non si ricordano i campi di concentramento americani, dove italiani, tedeschi e giapponesi venivano seviziati da parte delle truppe, dopo aver lavorato senza sosta e vicino ai quali costruirono forni crematori alla maniera tedesca. Gli ospiti, come erano chiamati, venivano rinchiusi nei campi a seconda della nazione nemica statunitense di turno: si alternavano così le diverse nazionalità, tedeschi, giapponesi, poi italiani. In questo contesto, però, non si trattava soltanto di prigionieri di guerra o di nemici politici, bensì di innocenti che vivevano in periferia, emigrati negli States per seguire il sogno americano. Provenivano dalle little italies, dai sobborghi, dalle fabbriche, eppure il commando americano voleva dare un monito alle nazioni di derivazione, dimenticandosi dei primi cinque emendamenti della Costituzione Americana.
Non si ricordano i gulag russi, dove i prigionieri venivano fatti lavorare in condizioni ancora più estreme e talvolta erano studiati in nome della scienza medica. Qualche volta sono appena nominati, ma pure qui le vittime furono innumerevoli.
Che cosa c’è di diverso tra questi luoghi infernali e l’orrore tedesco?
In Germania si sceglieva una peculiare razza, considerata come un abominio, una creatura affine con la magia nera: gli ebrei occupavano infatti posti lavorativi e sociali di prestigio spesso, erano ricchi ed erano praticamente ovunque, secondo la dottrina nazista. Quest’ultima li vedeva come l’unione tra l’umano e l’esecrabile moto immondo, quindi da estirpare per il bene dell’umanità, per far sì che la razza ariana potesse prosperare liberamente, senza le briglie di una insana schiera.
La concezione nazista prevedeva quindi un genocidio vero e proprio: gli ebrei erano nemici perché diversi, strani, stranamente potenti, eppure non avevano uno stato. Erano considerati come dei parassiti che si insinuavano nel sostrato politico e sociale e dovevano essere eliminati.
Ovviamente, non era così e non lo sarà mai: ogni persona è uguale e chi finiva nei forni crematori aveva idee, emozioni, sensazioni identiche ad ogni altro essere umano. Chi veniva sfregiato e umiliato aveva cuore, fegato, polmoni come i tedeschi. Uguali erano e spiritualmente e biologicamente, la sola cosa che li differenziava dai nazisti era, appunto, non credere che possano esistere razze, perché non è così, non credere che ci sia un uomo superiore di un altro, credere nella pace e nel perdono, nella redenzione. Se infatti erano rei di qualcosa, gli ebrei erano colpevoli di essere di una religione differente, comunque non perseguibile e così simile a quella cristiana protestante da non valere nemmeno la pena di andare oltre al dire che loro, semplicemente, credevano che Gesù fosse l’ultimo profeta e attendevano ancora il Messia.
Niente li differiva da tutti gli altri tedeschi delle SS, GESTAPO o dai funzionari dei campi di concentramento.
Il vero marcio societario era personificato da Hitler e poi da chi lo seguiva pedissequamente. La magia non esiste, ma se dovesse essere l’opposto, pareva che tutta questa genia di nazisti assetati di sangue fossero frutto di un seme malato e ciò che hanno lasciato come eredità sono soltanto dei luoghi vuoti circondati da cancellate recante la scritta “Arbeit Mach Frei” e il ricordo, marchiato con il fuoco nel cuore della storia, di un tempo infernale e misero.
L’umanità giaceva esanime uccisa da tedeschi che uscirono di senno per idee nietzschiane senza alcun fondamento, corrotta nei campi di sterminio e fatta evaporare nei forni crematori.
In quegli anni terribili, esecrabili, ignobili, tra le tante vittime, si contavano benevolenza, pace, discernimento, pietà e intelligenza.
Dott.ssa Anna Maria Vantini.
Fonti:
– E. Mentana, L. Segre, La memoria rende liberi. La vita interrotta di una bambina della Shoah, Rizzoli, 2015
– A. e T. Bucci, Noi, bambine ad Auschwitz. La nostra storia di sopravvissute alla Shoah, Mondadori, 2019