Luigi Einaudi e Piero Gobetti: il rapporto tra due liberali

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Il giovane editore liberale torinese Piero Gobetti in uno dei primi numeri  di “Rivoluzione Liberale”dell’aprile del 1922 descriveva con queste parole Luigi Einaudi suo professore di Scienza delle Finanze  all’Università  di Torino:

«L’uomo appena conosciuto, ispira una solida fiducia. Spoglio di qualità decorative, libero dagli atteggiamenti falsi –enfatici o conciliativi – che la società convenzionale impone a chi se ne lasci dominare. Esercita, senza teorizzarla, una morale di austerità antica di elementare semplicità »

Il primo contatto era avvenuto nel 1918, non con Luigi Einaudi, ma con il figlio Mario quando Piero Gobetti, allora  diciassettenne si rivolgeva con una cartolina l’11 novembre al quattordicenne Mario, per presentargli il primo numero di Energie nove, in cui chiedeva un aiuto a Mario Einaudi, sia per un’eventuale collaborazione sia per la diffusione della rivista.

Il 17 gennaio 1919 si rivolse direttamente ad Einaudi padre, firmandosi lo studente in legge, chiedendogli  un articolo anche solo informativo sulla necessità di combattere il protezionismo. Einaudi scrisse questo articolo dal titolo “Aiutare i fratelli!!” in Energie nove del 1°-28 febbraio 1919. Gobetti pur chiedendo la collaborazione di diversi economisti liberali come Prato e Borgatta, non mostrò alcuna reverenza per le loro idee, anzi con un articolo del novembre 1919 “Frammenti di estetismo politico”, il giovane intellettuale torinese definiva il manifesto del Gruppo Nazionale Liberale romano scritto da Umberto Ricci e firmato da Gentile, Volpe e Einaudi  come una «pietosa scimmiottatura» rimproverandoli per l’incomprensione dell’esperimento sovietico. Su questo si può sostenere che Piero Gobetti interpretò la Rivoluzione russa in modo diverso rispetto a gran parte degli intellettuali suoi contemporanei, pur vedendone gli aspetti critici.

Il 6 novembre 1921 invitando Luigi Einaudi a collaborare con il nuovo giornale  «Rivoluzione Liberale», Gobetti scriveva un commento anche sul libro di Einaudi Gli ideali di un economista. Il commento di Gobetti fu positivo tanto da definire alcune parti meravigliose. Inoltre il giovane intellettuale annunciò ad Einaudi che stava scrivendo un articolo  sul suo liberalismo. Questo articolo molto denso e importante uscì il 23 aprile 1922 con il titolo Il liberalismo di Luigi Einaudi. Gobetti insistette in questo articolo sulla vocazione in qualche modo pedagogica dell’economista piemontese che però non scadeva nell’indottrinamento scolastico. Nell’articolo Gobetti sostenne che i caratteri preferiti da Einaudi, l’imprenditore, il capo operaio non erano«schemi», ma vivevano come «classi ideali di vitalità umana». Gobetti insisteva molto anche sull’elemento dialettico presente a suo dire nella concezione di Einaudi di libero mercato e della fede contrapposta alla dottrina presente nella lezione di Einaudi. Questi due elementi rilevati da Gobetti, in qualche misura risultano lontani dal pensiero espresso da Einaudi essendo questi concetti di natura fortemente filosofica.

Il giudizio di Gobetti sull’economista rimase comunque molto oscillante, infatti nella recensione scritta sull’Ordine nuovo il 27 giugno 1921  sul libro di Einaudi “Prediche e ideali di un economista” firmato con lo pseudonimo Giuseppe Baretti, Gobetti espresse un giudizio molto critico verso Einaudi sostenendo che non avevano alcun valore politico.

I nomi di Gobetti ed Einaudi sono legati fra loro anche dal libro di Einaudi pubblicato nel 1924 dalla casa editrice di Gobetti Le lotte del lavoro. Secondo Gobetti gli scritti raccolti in questo libro sono esemplari come quelli raccolti nel libro Gli ideali di un economista. Nel libro pubblicato presso la casa editrice di Gobetti, Einaudi esprime diversi giudizi e sentimenti  sul mondo del lavori, inoltre vi è un’esaltazione della «bellezza della lotta» fra capitale e lavoro quando essa è lasciata alla completa libertà delle parti senza vincoli istituzionali. In questo libro Einaudi dedica particolare attenzione allo studio della «psicologia» di due scioperi quello a Biella del 1897 e quello del porto di Genova del ‘900.

Questo libro di Einaudi venne molto letto e ottenne diverse recensioni come del leader della CGL Rinaldo Rigola  del 25 aprile 1924 in cui si faceva notare come l’’economista piemontese oscillasse fra il sindacalismo puro e il corporativismo apolitico, mentre lamentava di come Einaudi mettesse sullo stesso piano il monopolio dei rossi prima del 1922, e il «monopolio legale» dei neri dopo quella data, delle leghe dei lavoratori. Rinaldo Rigola, sostenne che Einaudi non teneva conto che prima del fascismo vi erano leghe dei lavoratori non solo socialiste, ma anche cattoliche e repubblicane. Critiche più severe e sbrigative vennero espresse da Pallante Rugginenti sul giornale «Libertà» di Milano del 1 maggio 1924, in cui osservava che per Einaudi il movimento de lavoratori era degenerato nel momento in cui aveva ottenuto delle conquiste.

Un conservatore come Federico Flora sul «Resto del Carlino della sera» vedeva il discorso di Einaudi all’interno del corporativismo fascista. Per la casa editrice di Piero Gobetti curerà la prefazione all’opera John Stuart Mill La Libertà, questa prefazione era ancora più scritta per il contesto italiano in cui faceva riferimento alla libertà e alla verità. Einaudi nella sua  prefazione fece molti rifermenti al fascismo e alla situazione italiana. Quindi si può sostenere  che Gobetti interpretava Einaudi in modo vicino al suo pensiero e viceversa Einaudi interpretava Gobetti «alla Einaudi». La lettura che Einaudi dava di Gobetti descrivendolo come un moderato che però aveva colto l’importanza delle masse lavoratrici, venne fortemente criticata da Gramsci.

Di: Francesco Sbalchiero Sunil

Fonti:
B. Bongiovanni, Da Marx alla catastrofe dei comunismi. Traiettorie e antinomie del socialismo, Edizioni Unicopli, Milano, 2000.
P. Polito, L’utopia della rivoluzione, Aras, Fano, 2019.
R. Faucci, Einaudi, Utet, Torino, 1986.

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