Il caso Amistad e la schiavitù

amistad nave film
Tempo di lettura: 8 minuti L’ammutinamento dell’Amistad (2 luglio 1839) fu una ribellione di schiavi che ebbe luogo sulla nave negriera Amistad vicino alle coste di Cuba ed ebbe importanti ripercussioni politiche e legali per il movimento abolizionista americano. Successivamente gli ammutinatori furono catturati e trasportati negli Stati uniti e sorprendentemente nel 1841 la vicenda si concluse con una vittoria per le forze antischiaviste del paese, quando la Corte Suprema degli Stati Uniti liberò i ribelli. In seguito una commissione formata per difendere gli schiavi si sviluppò nell’Associazione Missionaria Americana, incorporata nel 1846.
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L’ammutinamento dell’Amistad (2 luglio 1839) fu una ribellione di schiavi che ebbe luogo sulla nave negriera Amistad vicino alle coste di Cuba ed ebbe importanti ripercussioni politiche e legali per il movimento abolizionista americano. Successivamente gli ammutinatori furono catturati e trasportati negli Stati uniti e sorprendentemente nel 1841 la vicenda si concluse con una vittoria per le forze antischiaviste del paese, quando la Corte Suprema degli Stati Uniti liberò i ribelli. In seguito una commissione formata per difendere gli schiavi si sviluppò nell’Associazione Missionaria Americana, incorporata nel 1846.

Immagine di schiavi in una piantagione

La vicenda

Il 2 luglio 1839, la nave Amistad salpò dal porto Principe di Havana, Cuba, e i 53 passeggeri schiavi, recentemente catturati in Africa, si rivoltarono. Guidati da Joseph Cinqué, uccisero il capitano e il cuoco ma risparmiarono la vita del comandante spagnolo, che avrebbe potuto riportarli in Sierra Leone. L’ufficiale di rotta invece scelse di far salpare la Amistad approssimativamente verso nord. Due mesi dopo un brigantino della marina degli Stati Uniti, il Washington, intercettò e sequestrò la nave al largo di Long Island, a New York, e la rimorchiò fino a New London, in Connecticut. Gli africani avevano navigato per 1190 miglia nautiche in cerca di un “paese libero”; a tutte le persone che incontravano chiedevano aiuto per fare ritorno in Africa. Gli africani furono imprigionati a New Haven, sempre in Connecticut, uno stato in cui la schiavitù era legale.

Foto di Joseph Cinqué, capo della rivolta sulla nave negriera Amistad, in un volantino datato 1939. Library of Congress, Washington, D.C.

L’ambasciata spagnola chiese il ritorno degli africani a Cuba. Un abolizionista del New England, Lewis Tappan, mostrò pubblica simpatia per gli africani, mentre il governo degli Stati uniti si schierò a favore della schiavitù. Il presidente Martin Van Buren ordinò alla nave della Marina Militare di tornare in Connecticut per far rientrare gli Africani a Cuba immediatamente. Candidato per le rielezioni quell’anno, sperò di guadagnare voti pro schiavitù derivanti dalla rimozione degli Africani prima che gli abolizionisti potessero appellarsi a una corte più alta. In quanto schiavi, gli ammutinati erano soggetti alle leggi in vigore condotte tra schiavi e i loro padroni. Una prova a loro favore determinò che mentre la schiavitù era legale a Cuba, l’importazione di schiavi dall’Africa non lo era. Perciò il giudice stabilì che piuttosto di considerarli una merce, gli Africani erano vittime di un rapimento e che avessero il diritto di scappare dai loro rapitori in ogni modo che avessero potuto.

Quando il governo degli Stati Uniti portò il caso davanti alla Corte Suprema l’anno successivo, i membri del congresso e l’ex presidente John Quincy Adams argomentarono eloquentemente a favore dei ribelli della Amistad. Gli Africani superstiti furono rimandati in sicurezza a casa. Arrivarono in Sierra Leone nel gennaio 1842, insieme a cinque missionari e insegnanti che intendevano fondare una missione cristiana.

In quest’occasione di ritorno a casa portarono con sé attrezzi agricoli e semi di molte piante utili, tra cui un riso asiatico, Oryza satima, che era arrivato in una fase precedente negli Stati Uniti dall’Asia. Ma nella deposizione rsa al processo Cinque, il capo di lingua Mende del gruppo, aveva testimoniato di essere stato catturato e asservito mentre piantava del riso nella sua terra in Africa. Quel riso era l’Oryza glaberrima, domesticato in Africa. Quando il riso portato dai ribelli dell’Amistad venne piantato in Sierra leone e in altre zone dell’Africa occidentale, venne chiamato Mérekì o Mériké, dal nome della terra in cui Cinque e i suoi compagni lo avevano preso. Così furono riunite in Africa le due specie domestiche di Oryza.

Documenti relativi al caso Amistad

[…]E in una Corte di giustizia, dove appaiono due parti avverse, giustizia vuole che i diritti di ogni parte siano fatti salvi, come pure vuoleche ogni parte abbia dei diritti, che è cura della Corte assicurare e proteggere. questa osservazione è importante, dato che io sono quì per corto di trentasei in dividui la cui vita e la cui libertà dipendono da questa Corte. […]

Discorso di John Quincy Adam davanti alla Corte Suprema degli Stati Uniti, in favore della liberazione degli schiavi.

Il contesto

Negli anni Trenta del XIX secolo le terre natali degli africani dell’Amistad furono devastate da guerre, spesso legate alla tratta degli schiavi. I ragazzi erano avviati fin da giovani all’uso delle armi, affinché proteggessero i villaggi, le cittadine e i grandi centri urbani. Dopo essere stati ridotti in schiavitù nell’entroterra del Sierra Leone meridionale, gli africani dell’Amistad furono trasportati a piedi o in canoa fino alla costa di Gallinas. Rinchiusi nei centri di smistamento di Lomboko attendevano di venire trasportati oltre l’Atlantico a bordo di navi negriere. I grandi negrieri (tra cui Blanco) assodavano marinai Kru, le cui grandi canoe rendevano molto più rapido il trasporto e l’imbarco di schiavi sulle navi negriere. Velocizzando le operazioni si riusciva a sfuggire alle pattuglie anti schiavitù della marina britannica.

L’abolizione della tratta di schiavi da parte della Gran Bretagna nel 1807 e i successivi trattati sottoscritti con il Portogallo e la Spagna avevano messo fuori legge il commercio di esseri umani sulla costa di Gallinas. Con la messa al bando, la lucrosa attività era diventata più violenta e pericolosa.

Gli Stati Uniti erano caratterizzati da una singolare strutturazione della schiavitù nelle piantagioni: generalmente si trattava di piantagioni di piccoli proprietari terrieri (per lo più di tabacco e di cotone) che possedevano poche decine di schiavi, caratteristica che rendeva difficile le rivolte, mentre in piantagioni di altri stati delle Americhe il numero complessivo di schiavi per piantagione poteva facilmente raggiungere almeno un centinaio di unità.
Inoltre, fino al 1660, la condizione giuridica dello schiavo non era ben delineata, e si avvicinava molto a una condizione servile non troppo svantaggiosa; solo dopo questa data lo schiavo venne considerato un bene mobile privo di diritti fondamentali. Gli schiavi non avevano il diritto a sposarsi, anche se molti di loro formavano nuclei famigliari ove era concesso dai padroni, e tali unioni erano vantaggiose per i proprietari stessi sia perché disincentivavano la fuga sia per il vantaggio di beneficiare della prole che conseguiva le unioni. Da ricordare, comunque, il diritto del padrone di sciogliere tali unità famigliari a proprio piacimento. In ogni caso è proprio questa straordinaria e commovente capacità degli schiavi a mantenere un senso della famiglia che permetterà il costituirsi del movimento dei diritti civili, movimento che seppur non unitario, era fortemente caratterizzato da alcuni tratti comuni. Uno di questi elementi di coesione, ovvero il ruolo di leadership del pastore – pensiamo a Martin Luther King jr.- deriva dal ruolo politico che la religione cristiana esercitava nella popolazione afroamericana schiava. Convertitesi da culti animisti, infatti, la religione cristiana permetteva allo schiavo di ragionare e prendere coscienza della propria condizione, e acquisirà un ruolo fondamentale successivamente.

Una paura dei proprietari di schiavi era che il battesimo potesse inficiare la condizione degli uomini e delle donne di origine africana, riconoscendogli la dignità di persona, anche se la legislazione era decisa nello stabilire che il battesimo era volto solo alla liberazione dell’anima. Gli schivi partecipavano alle cerimonie religiose in disparte e anche se condividevano l’eucarestia con i loro padroni questo non cambiava l’idea che essi avevano su di loro. La Chiesa quacchera si scaglò contro la schiavitù, mentre quella cristiana diede libera scelta ai fedeli in merito,persino uomini del clero furono possidenti di schiavi.

La condizione delle donne schiave

Le donne afroamericane erano soggette a maggiori pericoli e angherie degli schiavi maschi. Oltre a dover sopportare un medesimo carico di lavoro, a cui si aggiungeva la cura della propria famiglia, esse subivano aborti a causa della fatica. Inoltre era costantemente incombente la minaccia concreta di una violenza sessuale da parte dei padroni. In una società fortemente repressiva dal punto di vista sessuale, le donne bianche del Sud dovevano dedicarsi alla cura della famiglia e rispettare in religioso silenzio le mancanze di mariti, fratelli, parenti e famigliari che abusavano delle schiave. Essendo obbligate a rispondere alle necessità degli schiavi esse erano molto più degli uomini a contatto con loro, tuttavia questa vicinanza non generava alcun tipo di solidarietà. Anzi, esse sfogavano le proprie frustrazioni del vedere gli stupri dei mariti e la prole mulatta da essi generata sfogandosi sulle vittime indifese: le donne nere subivano pertanto sia la violenza sessuale dei padroni sia quella vendicativa delle loro mogli. Alle donne nere era negato il diritto alla castità e, se gli uomini neri venivano visti come temibili stupratori di donne bianche, le donne nere erano considerate lussuriose e animalesche.

Immagine tratta dal film 12 anni schiavo, in cui la schiava Patsey (interpretata da Lupita Nyong’o) subisce regolarmente abusi da parte del suo proprietario Edwin Epps 8interpretato da Michael Fassbender). L’intera vicenda è basata su una storia vera.

Sia la donna bianca che la donna nera erano considerate solo parzialmente e questa subordinazione rafforzava il dominio che l’uomo bianco aveva su di loro. La donna bianca del Sud, angelo del focolare, non aveva alcun potere. Le donne bianche saranno le più nostalgiche nel rimembrare la grandezza del Sud dopo la guerra di secessione americana, per poter difendere gli uomini di casa, e le più feroci sostenitrici della segregazione razziale. In un mondo in cui non potevano nemmeno trovare una sorta di indipendenza e di soddisfazione lavorando, al contrario per esempio delle donne afroamericane, costrette alla fatica per necessità storica, esse saranno prive di qualunque presa sul mondo, ed è per questo che disperatamente difenderanno la propria classe di appartenenza.
Il concetto di razza negli Stati Uniti era legato profondamento a quello di genere. Anche quando la schiavitù verrà abolita e nascerà, in varie declinazioni, il movimento dei diritti civili, il femminismo che si era sviluppato da fine ‘800 continuerà a rimanere un femminismo bianco e razzista. Le donne nere si sentiranno più simili all’uomo nero che alla donna bianca. Questo fattore spiegherà la nascita, attorno al 1970 del “femminismo nero”, che rivendicherà la specificità delle donne nere, ignorate sia dalle connazionali caucasiche che dai maschi afroamericani, sessisti sin dai tempi di King e ancora più inclini allo sciovinismo maschilista dopo lo sviluppo del potere nero (un movimento caratterizzato da molteplici elementi, quali le Pantere Nere, Malcom X, l’estremismo islamico, la tendenza al panafricanismo, l’eserzio della violenza, il desiderio di affermazione della supremazia nera) che promuoveva una figura dell’uomo nero costruito in rapporto alla debole donna nera, madre di numerosa prole e dedita al suo uomo, che difendeva un parallelismo tra uomo e donna nera simile a quello tra uomo bianco e donna bianca. In altre parole l’uomo nero, già sottomesso dall’uomo bianco, aveva il diritto di dominare la propria donna.

Curiosità

Il movimento per gli afroamericani si apre con una collaborazione tra bianchi e neri (fra loro anche donne), che tradiva un razzismo di fondo non ancora superato: i bianchi sostenevano i neri per pietà e senso paternalista, nessuno di loro era in realtà disposto a conviverci e trattarli come pari. In seguito, negli anni ’60 e ’70, i neri estrometteranno i bianchi dal movimento nella ricerca di maggior autonomia. Allo stesso modo il femminismo inizialmente era alla ricerca di un trattamento egualitario, ma negli anni ’60 e ’70 le donne rivendicheranno le proprie differenze e specificità, separandosi nettamente, per esempio dal movimento studentesco (intrinsecamente maschilista). Infine è necessario sottolineare come il femminismo agli albori sia un femminismo bianco, razzista e omofobico, e le donne nere, appunto, ne costituiranno uno proprio sempre negli anni ’70, da cui prenderà piedi quello che verrà in seguito definito femminismo intersezionale.

Fonti:
S. Benussi, Le donne afroamericane negli Stati Uniti, FrancoAngeli,
M. Montanari, F. Sabban, Storia e geografia dell’alimentazione, Utet
Rediker M., La ribellione dell’Amistad. Un’odissea atlantica di schiavitù e libertà, Feltrinelli, Bergamo, 2013
S. de Beauvoir, Il secondo sesso, Est, 1997
Film Amistad
Film 12 anni schiavo
https://www.britannica.com/event/Amistad-mutiny

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