La Shoah spiegata ai ragazzi

shoah spiegata ai ragazzi
Tempo di lettura: 6 minuti Nella tua testa, è lì che vivono gli ebrei (Tratto da Jojo Rabbit). La Shoah spiegata in modo semplice, con l'ausilio di grandi film per ragazzi.
Tempo di lettura: 6 minuti

Di Shoah si parla, si guardano film, si seguono documentari, si leggono libri. Tutte queste attività sono indispensabili per coltivarne la memoria, per non permetterci mai il lusso di “piagnistei da eterni innocenti” (cit. Antonio Gramsci), ma per sentirci responsabili ogni giorno. Per ricordarci che prima di ogni altra cosa tutti noi siamo esseri umani.

Una storia mortificante per tutti

Il generale coi Baffi era soddisfatto del lavoro fatto dallo spietato squadrone di Forbici da Sarta. Gli arresti di aghi e spille continuavano, e in pochi giorni quasi tutti furono arrestati. […] E quando nel cassetto non ci fu più posto per altri Aghi e Spille, il generale coi baffi ordinò ai Ditali di accendere la vecchia stufetta di Nuvoletta Gentile per fonderli, così da fare spazio e contemporaneamente costruire nuove Forbici da Sarta con il metallo fuso.

Testo tratto da La Shoah spiegata ai bambini

Nella tua testa, è lì che vivono gli ebrei (Tratto da Jojo Rabbit)

Il film Jojo Rabbit del 2019 si apre raccontando del piccolo Jojo, di dieci anni, che sul finire della seconda guerra mondiale, nella Germania nazista, a Falkenheim, è ansioso ed eccitato di entrare nella Jungvolk. Jojo vive con la madre, in quanto la sorella maggiore è morta l’anno precedente e il padre è lontano per la guerra, anche se alcuni soldati nazisti accusano Jojo che sia un disertore. Come molti bambini della sua età, Jojo ha un amico immaginario, una vera e propria divertente parodia di Adolf Hitler che lo incita a servire valorosamente la patria. Il ragazzo, al suo primo incarico, si rifiuta di uccidere un coniglio e da lì prende il soprannome di “Jojo Rabbit”. Scopriamo che la madre di Jojo, interpretata da una magistrale Scarlet Johanson, fa parte della resistenza, all’insaputa del figlio, che cerca di tutelare dal fanatismo nazista in maniera indiretta, per non metterlo in pericolo, parlandogli di amore, di farfalle nella pancia, facendolo ballare. Jojo scopre in un nascondiglio nel muro della camera della sorella una ragazza ebrea, nascosta dalla madre. Senza rivelare della scoperta al genitore, lui ed Elsa diventano amici. Il film racconta di come si diventa nazisti, di come un bambino può venire iniziato al nazismo e di come la bellezza per le piccole cose, come conoscere il nemico immaginario, il malefico ebreo con le corna diaboliche, può ribaltare completamente prospettiva. È un film dolce e delicato, che non esita a mostrare anche i lati più crudi del nazismo, riuscendo però anche a prenderlo in giro.

“Tu non sei un nazista Jojo, sei solo un ragazzino che vuol far parte di un gruppo”

Tra coloro che furono spietati nazisti, soldati, assassini, torturatori, stupratori, vi furono persone probabilmente sadiche, incattivite, forse per nulla empatiche. Tra loro però c’erano anche padri di famiglia che tornavano a casa la sera per giocare con i loro bambini, soldati che si ubriacavano o disertavano perché non riuscivano a proseguire con le deportazioni e le fucilazioni nei ghetti. Vi furono spietati Dottor Mengele e grigi Eichmann: vi furono persone che non riusciamo ad immaginare per il loro sadismo e persone così mediocri che avremmo potuto essere noi. Vi fu anche chi rischiò la vita per nascondere gli ebrei, per provare a combattere nella Resistenza. Vi furono tanti Miep Gies (che aiutò a nascondere la famiglia di Anna Frank) e tanti Giorgio Perlasca (il quale salvò cinquemila ebrei ungheresi). Vi furono cittadini comuni che presero per mano i bambini durante il rastrellamento del Ghetto di Roma fingendo che fossero i propri per salvarli dai nazisti. Fa troppo male sviscerare a fondo la Shoah, ma sappiamo che dobbiamo farlo perché è iniziata in un modo calcolato, lucido, quotidiano e normalizzato. E’ iniziata per volere degli uomini, è un orrore a misura d’uomo, che fu reso possibile anche dall’indifferenza di chi assisteva e la cui memoria potrebbe essere cancellata dall’indifferenza di chi resta, perchè l’indifferenza, come diceva Antonio Gramsci: “È abulia, è parassitismo, non è vita… è il peso morto della storia… è la fatalità”.

[…] Eichmann era convintissimo di non essere un innerer Schweinehund, cioè di non essere nel fondo dell’anima un individuo sordido e indegno; e in quanto alla consapevolezza, disse che sicuramente non si sarebbe sentito la coscienza a posto se non avesse fatto ciò che gli veniva ordinato -trasportare milioni di uomini, donne e bambini verso la morte- con grande zelo e cronometrica precisione.

Tratto da La banalità del male

grayscale photo of snow covered road near building
L’entrata del campo di concentramenti di Auschwitz, vicino alla città polacca Oswiecim, è stato un vasto complesso di campi di concentramento e di sterminio. Oltre al campo originario, denominato Auschwitz I, sorsero anche il campo di sterminio Birkenau, il campo di lavoro Monowitz e altri 45 sotto-campi in cui i deportati venivano sfruttati per lavorare nelle industrie tedesche costruite nelle vicinanze. La scitta recita, cinicamente, “Il lavoro rende liberi”. Come ricorda Primo Levi il lavoro ad Auschwitz non rendeva liberi: serviva per disumanizzare i prigionieri.

Uomini normali

La Shoah è un genocidio che ha assunto valenza universale. Alcune delle specificità che lo rendono unico sono identificabili come segue, configurandosi in due parametri, di ordine quantitativo e qualitativo: l’impressionante numero di vittime, il costo dello sforzo organizzativo, la radicalità dell’intenzione totalitaria e la seguente modalità statale-industriale di attuazione, la natura del rapporto vittima/carnefice. La liquidazione del popolo ebraico rappresenta, in chiave messianica, la liberazione dell’intera umanità dal male. Nella mentalità nazista gli ebrei erano un elemento diabolico. È l’unico genocidio su larga scala attuato fuori dai confini nazionali per ragioni puramente ideologiche, tale esternalizzazione ha comportato l’inevitabile internazionalizzazione del fenomeno e solo la guerra ha reso possibile l’effettiva attuazione. Gli uomini che perpetrarono il genocidio erano uomini normali, che agivano all’interno di istituzioni normali, condizioni che permisero una percezione di minimizzazione del contributo e uno sgravio delle coscienze.  La non eccezionalità dei comportamenti genocidari permise, in effetti, la trasformazione del genocidio in una pratica quotidiana. La maggior parte degli iscritti al Partito nazista non era particolarmente antisemita, la maggioranza della popolazione manifestava unicamente un antisemitismo “moderato”, mentre un antisemitismo più estremo caratterizzava le élites tedesche e soprattutto austriache. Zygmunt Bauer cita in Modernity and Holocaust tre condizioni che permisero le inibizioni morali colpevoli delle atrocità: esse si hanno quando la violenza è autorizzata (ordinata dall’alto), quando è routinizzata (con definizione di norme e ruoli), quando le vittime vengono disumanizzate.

La giustificazione finale per lo sterminio risiede nella certezza che gli ebrei e le vittime dello sterminio non fossero esseri umani, la cui esistenza danneggiava l’intera umanità. Ma a perpetrare l’Olocausto furono esseri umani assoggettati dalle stesse limitazioni delle loro vittime. Yehiel De-Nur, un sopravvissuto all’Olocausto, nel 1976 si sottopose a una terapia psichiatrica in una clinica di Leida, al fine di elaborare gli orrori vissuti durante la prigionia. Tale terapia prevedeva l’assunzione di LSD, che gli causava visioni terrificanti. In una di queste Yehiel si vede come un cadavere su un camion pronto a partire per un forno crematorio, il camion è sorvegliato da un “tedesco assonnato”. Yehiel racconta: “Tutto quello che so di questo tedesco è che in una mattina fredda come questa egli avrebbe sicuramente preferito rannicchiarsi sotto le coperte […] se le cose stanno così, allora lui potrebbe trovarsi qui al mio posto, uno scheletro su questo camion, mentre io potrei trovarmi lì al suo posto […]. E come lui, anch’io sbadiglierei […]. De-Nur conclude: “Ovunque vi sia umanità, lì c’è Auschwitz”. L’Olocausto è una realtà immaginabile ed esprimibile, da parte di coloro che sono pronti a mutare le loro idee circa la natura essenziale degli esseri umani.

Una delle 70 sedie del Monumento in Piazza degli Eroi, in quello che fu il Ghetto di Varsavia, a ricordare l’uccisione di 70 bambini ebrei che le maestre avevano portato fuori a far lezione sulle loro sedie. Fonte: Viator.com

Fonti:

Valentini P., Abastanotti C., La Shoah spiegata ai bambini. La misteriosa scomparsa di Aghi e Spille dalla bottega di Nuvoletta Gentile, BeccoGiallo, 2016

Gramsci A., Odio gli indifferenti, Chiarelettere editore srl, 2020

Arendt H., La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme, Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano, 2013

Portinaro P., L’Imperativo di uccidere. Genocidio e democidio nella storia, Editori Laterza, 2017

Engel D., L’Olocausto, il Mulino, 2005

Recchia Luciani F., La Shoah spiegata ai ragazzi, il melangolo, 2014

Deaglio E., La banalità del bene. Storia di Giorgio Perlasca, Feltrinelli, 1991

Film Jojo Rabbit, 2019

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *