Silvio Trentin è tra le più vigorose a affascinanti figure dell’antifascismo italiano anche se la sua interpretazione del fascismo trova poco spazio nelle pubblicazioni sull’argomento. Il filosofo Norberto Bobbio descrive con queste parole Silvio Trentin:
Figura eccezionale di uomo di studi e d’azione. Che non dissocia mai l’impegno dello studioso da quello del militante, per il quale , riprendendo i titoli dei due famosi saggi di Max Weber, tanto la scuola quanto la politica sono insieme, e non disgiuntamente, una professione e una vocazione. Non disgiuntamente e non confuse. Trentin sapeva perfettamente dare alla scienza quel che è della scienza e alla politica quel che è della politica.[1]
L’intellettuale veneto è forse il rappresentante più autorevole di una interpretazione radicale dell’antifascismo già il 7 gennaio 1926 rinunciò all’incarico di professore di diritto pubblico per non sottomettersi al decreto-legge fascista del 24 dicembre 1925, che imponeva ai funzionari dello stato di non porsi «in condizione di incompatibilità con le generali direttive del governo».[2]
Trentin appartiene alla prima generazione degli emigrati politici e partì per la Francia il 2 febbraio 1926 un esilio che durò 18 anni, fino al 25 agosto 1943 quando rientrò in Italia per partecipare alla resistenza nelle fila del Partito d’Azione. Nel periodo dell’esilio compose diverse opere di critica del fascismo.
Le caratteristiche generali della sua interpretazione
L’interpretazione del fascismo di Silvio Trentin nei suoi primi scritti ha degli aspetti di notevole novità rispetto ad altri scritti di antifascisti contemporanei, infatti emerge fin dall’inizio il superamento da parte del giurista veneto della limitato orizzonte della vicenda politica nazionale.
All’interpretazione del fascismo di Trentin, poco studiosi hanno dedicato la giusta rilevanza a questa interpretazione[3], mentre ha ricevuto poco spazio nei libri che trattano delle interpretazioni del fascismo.
Trentin e la comprensione iniziale del Fascismo
Silvio Trentin comprese fin dall’inizio che l’antibolscevismo di cui i fasci si facevano banditori copre in realtà l’idea di un duro scontro di classe anche se il giurista veneto in questa fase è molto lontano dal movimento socialista.
In un discorso pronunciato alla vigilia delle elezioni del 1921 a Venezia , che segnarono la sconfitta della Democrazia sociale di cui era deputato dal 1919, sostenne che vi era una scissione tra chi era stato interventista sulla questione sociale, la centralità del rapporto dei fasci e tentativi della reazione e la condanna della violenza come metodo di lotta politica.
Tre elementi che rimarranno fermi nel pensiero antifascista di Trentin anche se l’esperienza della lotta antifascista lo condurrà a posizioni diverse, soprattutto a proposito dell’uso della violenza nello scontro con il regime fascista.
Trentin e i primi scritti in Francia sul fascismo
Tretin nel suo primo periodo in cui fu esule in Francia si dedicò nella seconda metà degli anni venti ad un’intensa attività pubblicistica di libri e opuscoli dedicati al regime fascista con l’intento di fa conoscere all’opinione pubblica francese ed europea quello che stava accadendo in Italia.
Le opere scritte in questa fase dal giurista veneto non sono solo opere di denuncia della situazione italiana, ma sono anche un’analisi giuridica di come il fascismo a preso il potere e consolidato il suo regime.
I titoli principali in questa fase sono: L’aventure italienne a les transfomations recents du droit public italien. De la Charte de Clarles Albert à la création de l’Etat fasciste, Aux sources du fascisme, Antidemocratie e Le fascisme à Genève.
I tratti caratterizzanti di questi scritti
L’interpretazione del fascismo di Trentin che emerge da questi suoi scritti risente in modo evidente dell’influenza di Benedetto Croce delle correnti democratiche vicine al partito repubblicano e al partito socialista unitario.
Elementi importanti di queste analisi erano da una parte la difesa dello Stato liberale e delle sue istituzioni di fronte, mentre dall’altra l’idea che la prima guerra mondiale aveva portato una della borghesia ad aprire la strada al fascismo rinnegando quindi l’ordinamento democratico per paura dell’ascesa al potere del proletariato.
Trentin a differenza di Croce sottolinea le responsabilità della classe dirigente liberale d fronte all’assalto di un movimento giudicato non come espressione della crisi del primo dopoguerra in atto bensì come sfruttatore di essa ai suoi fini di conquista del potere.
Due elementi caratteristici dell’interpretazione di Trentin
Nell’interpretazione del giurista veneto vi sono due elementi originali rispetto alle altre interpretazioni. Il primo è la costante attenzione di Trentin alla politica estera del regime e del carattere internazionale del pericolo fascista, idee che verranno confermate negli anni trenta.
Il secondo elemento molto più importante è costituito dall’apporto che le sue pubblicazioni del periodo danno alla disamina dell’ordinamento costituzionale dello Stato fascista.
Trentin nella sua opera Les transfomations recents du droit public italien giunge a conclusioni interessanti dal punto di vista istituzionale, non solo dimostra l’illegittimità costituzionale delle leggi approvate dal regime fascista nella seconda meta degli anni venti per affidare il potere legislativo all’esecutivo, per inquadrare la milizia nelle forze armate, per inserire il Gran consiglio negli organi costituzionali, ma sottolinea il processo dualistico creato dal fascismo nell’organizzazione dello Stato.
Il giurista veneto nel suo scritto afferma come Mussolini e la classe dirigente fascista non abbiano abbattuto lo Statuto albertino e sostituito una nuova costituzione, ma attraverso un artificioso dualismo hanno organizzato nel organizzato nel «seno dell’organizzazione nazionale», un’altra «organizzazione parassitaria» la quale vivendo e agendo sotto la responsabilità e a spese dello stato legale era in grado gradualmente di appropriarsi di tutte le sue funzioni.
L’intuizione importante di Trentin
In questi suoi primi scritti Trentin non vi è ancora un formulazione dell’idea che in Italia il fascismo ha instaurato un doppio stato, ma c’è l’intuizione della procedura di svuotamento e sovrapposizione perseguita dal fascismo.
Questo elemento rende caratteristica l’interpretazione del giurista veneto e questa analisi giuridica sarà ripresa dalla storiografia solamente nel secondo dopoguerra.
Fonti:
F. Cortese, Libertà individuale e organizzazione pubblica in Silvio Trentin, Franco Angeli , Milano, 2008
M. Guerrato, Silvio Trentin. Un democratico all’opposizione; Vangelista, Milano, 1981
F. Rosengarten, Silvio Trentin dall’inteventismo alla Resistenza, Ronzani Editore,2021
[1] N. Bobbio, L’esempio di Trentin. Scritti 1954-1991, (a cura di) P. Impagliazzo, P. Polito , Firenze University Press, 2020, p. 47
[2] P. Polito, Un’altra Italia, Aras, 2021 pp. 26-27
[3] Gli studi principali sull’argomento sono A. Ventura, Intellettuali. Cultura e politica tra fascismo e antifascismo, Donzelli, 2017 e N. Tranfaglia, Labirinto italiano. Il fascismo, l’antifascismo , gli storici, La Nuova Italia, 1989 in cui sono presenti due capitoli in cui viene approfondito l’argomento.