Al giorno d’oggi i cambiamenti climatici sono causati dalle attività umane, ma anche nel corso della storia, in maniera meno drammatica e unicamente per cause naturali, l’uomo ha conosciuto variazioni delle temperature che hanno influito sul suo stile di vita e sulle sue abitudini…
L’epoca d’oro
La temperatura media globale attuale è più alta di quella del periodo medioevale.
Il Periodo Caldo Medioevale ha avuto luogo dal 950 al 1250 d.C ed è stato caratterizzato da temperature più elevate in determinate regioni. Durante questo periodo i mari liberi da ghiacci permisero ai Vichinghi di colonizzare la Groenlandia. Il periodo caldo Medioevale vide condizioni di caldo su una gran parte del Nord Atlantico, Groenlandia meridionale, l’Artico Euroasiatico e parti del Nord America. In queste regioni le temperature sembrano superiori a quelle del riferimento 1961-1990. In alcune aree le temperature erano anche superiori alle attuali. Comunque altre regioni come l’Eurasia centrale, il Nord-Ovest del N. America a la fascia tropicale del Pacifico erano sostanzialmente più fredde rispetto al periodo 1961-1990.

Le esplorazioni degli scandinavi noti come Vichinghi o Uomini del Nord sono il frutto di sovrappopolazione, ridotte stagioni di coltivazione e suoli poveri nei remoti fiordi della Scandinavia. Durante le estati del settimo secolo i “rematori” attraversavano il Mare del Nord tornando carichi di bottino in inverno. La loro attività giunge al culmine dopo l’800. Si insediano alla foce della Senna in Francia, di Rouen e Nantes in Danimarca, giungendo fino alle Baleari, alla Provenza e alla Toscana, giungendo in Inghilterra nell’anno 851, fino a che, nel 866, buon parte di tale isola era sotto dominio danese. Nell’874 giungono infine fino in Islanda. L’epoca d’oro dei Normanni (800-1200) è possibile anche grazie ad un clima insolitamente mite, definito Periodo caldo medievale, ovvero i quattro secoli più caldi degli antecedenti ottomila anni. Non si è ancora conclusa la vivacità del dibattito in merito a quali zone furono interessate dal fenomeno (sicuramente l’Europa e zone dell’America settentrionale), ma le conseguenze storiche furono di eccezionale portata: la temperatura dell’aria e del mare produsse un pack di spessore ridotto, che permise grandi imprese. Un monaco irlandese di nome Dicuil riporta che nell’anno 825 i suoi confratelli insediati in Islanda non avevano trovato ghiaccio lungo la costa meridionale, ma solo a una giornata di navigazione lungo quella settentrionale. Viceversa, nel periodo di grande freddo tra il 1350 e il 1380, il ghiaccio marino arrivò così vicino alla terra che gli orsi polari della Groenlandia scesero sulla terraferma. Ancora nel 1580 viene testimoniato che gli islandesi che abitano sulla costa settentrionale in Inverno sono sempre in pericolo a causa dell’arrivo dei pericolosi visitatori. Se nel 1287 il freddo era tanto impietoso da condannare le persone a morire di fame, nel 1695 il ghiaccio bloccò l’intera costa da gennaio fino in estate e ancora nel 1967 si raggiunsero bassissime temperature, i vichinghi riuscirono, durante i loro insediamenti, a seminare dell’orzo, che non fu più possibile coltivare a causa delle impervie temperature fino ad inizio Novecento.

Questo fu un periodo di abbondanza in Europa: i dipinti medievali narrano di nutriti raccolti, prodigandosi in un susseguirsi di contadini immersi nel lavoro dei campi, con donne e bambini che strappano le erbacce prima della semina e uomini che tracciano il solco con l’aratro, mentre i ricchi si dilettavano nella caccia al cervo, alla lepre, alla volpe. Gli anni si avvicendavano contando buoni raccolti, assistendo a temperature estive tra 0,7 e 1 grado centigrado più alti di quelle del Ventesimo secolo; le estati in Europa centrale raggiugevano temperature medie di 1,4 °C superiori a quelle del Novecento. Le gelate di maggio tra il 1100 e il 1300 erano scomparse. I vigneti commerciali prosperarono fino a 300-500 km più in alto di quelli del secolo delle Grandi guerre. La popolazione crebbe, la pratica medievale detta assart disboscò ettari di bosco a favore degli agricoltori, si poté coltivare ad altitudini di 320-350 metri sul livello del mare, il che testimonia un innalzamento di 1 grado centigrado della temperatura. Sulle Alpi i minatori potettero aprire miniere di rame, scoperte grazie al ritiro dei ghiacciai. Per cinque secoli l’Europa si crogiola in un clima temperato, che garantisce minori raccolti rovinati, sebbene la scarsità alimentare era un timore ben conosciuto e la brevità dell’aspettativa di vita una realtà consolidata. Dal tredicesimo secolo le temperature cominciano a calare, fino a giungere al periodo definito Piccola era glaciale.
La crisi del ‘300
Il secolo di Dante e di Boccaccio fu attraversato da una sequenza di disastri naturali, demografici, economici, epidemici. Un secolo di “crisi”: all’inizio del secolo i cattivi raccolti sono più frequenti e pesanti. I cronisti dell’epoca testimoniano la crescita dei prezzi del grano e del pane. Tra il 1315 e il 1327 in Europa i raccolti vanno malissimo: la gente muore di fame perché dappertutto non si riesce a trovare grano. L’Europa che all’epoca è ottimista e abituata a crescere si scopre incapace di nutrire. Perché succede? Perché il clima è cambiato. Se nel Medioevo il clima temperato aiutava una società basata sull’agricoltura, comincia complessivamente a fare più freddo, un freddo che perdurerà per tutta l’età moderna: a inizio ‘700 la Senna gelava, nel 1709 il vino a Parigi si vendeva a blocchi ghiacciati, sul Tamigi si facevano fiere. Le piogge incontrollate devastano i raccolti e un cattivo raccolto provoca un incredibile innalzamento del prezzo del pane: la popolazione è cresciuta troppo e non è più possibile garantire il sostentamento.

Nel 1347 improvvisamente compare una nuova malattia, la Peste, come già la indicavano i greci e i romani, che aveva mietuto vittime ad Atene al tempo di Pericle (V secolo a.C, allora si trattò di un’epidemia di tifo), a Roma al tempo di Marco Aurelio (la così detta “Peste antonina” nel II secolo d.C, un’epidemia di tifo o morbillo), a Costantinopoli al tempo di Giustiniano (nel VI secolo d.C, allora si trattò effettivamente della malattia che colpì anche l’India e la Cina tra XIX e XX secolo e causata dal batterio Yersinia pestis). Si tratta di una malattia pandemica, che arriva dall’Asia e per la quale non si conosce una cura. Giunge a Messina su una nave che arriva dal Mar Nero ed è impietosa e mortifera, una peste polmonare, più drammatica della bubbonica narrata dal Manzoni. La racconta Boccaccio nel Decameron, ed uccide 1/3 della popolazione europea. Immediatamente dopo la socialità riprende, la popolazione cresce ancora e nel 1361 la Peste ritorna, a Milano fa strage e uccide soprattutto i bambini, nati dopo il 1348 e non immunizzati. Il recupero demografico viene schiacciato e ciclicamente nel ‘300 e inizio del ‘400 ogni 10-15 anni la peste ritorna e si mangia il 10% della popolazione: nel 1348, nel 1361, tra il 1371 e il 1374, nel 1381 (la più violenta dopo la prima), nel 1399. Questa successione di epidemia sancisce il crollo demografico: a inizio ‘400 la popolazione è la metà di un secolo prima.
Ma lavorano anche Donatello, Masaccio, Lorenzetti, Giotto: nasce il Rinascimento. A Siena il Duomo è stato costruito da una città assai ricca e formicolante di attività e denaro nel primo ‘300, simbolo dell’orgoglio e della potenza senese. Sul fondo dal fianco del Duomo è ancora possibile notare un muro inconcluso: a metà ‘300 si era deciso di ingrandire la costruzione, rendendolo il transetto di una nuova possibile cattedrale, mai terminata a causa della peste. I prezzi, a causa del clima impazzito, continuano ad oscillare. Un altro problema che costituisce la crisi trecentesca è la guerra, diffusissima su piccola scala in epoca medievale, ma denominata “Dei cent’anni” nel secolo Quattordicesimo, quando il re d’Inghilterra nutre l’ambizione di conquistare il regno di Francia. Durante tale secolo complessivamente le tregue finiscono e la guerra ricomincia, con devastazione, distruzioni di raccolti su larga scala: i sovrani sono ricchi e, se non possono permettersi i mercenari, prendono in prestito i soldi dai banchieri, soprattutto italiani, che poi non sono più in grado di ripagare, causando il fallimento delle banche. Quando i mercenari non possono momentaneamente ricevere un compenso si mantengono razziando i contadini o si fanno pagare in cambio della rinuncia a saccheggiare le città. In Italia i Visconti sono temuti per le loro ambizioni sovraniste e sono combattuti da Venezia, da Firenze, dal papa: altri conflitti. Queste guerre durano anni perché avanzate da stati strutturati, arricchiti dalle spietate tasse.

Quali conseguenze si abbattono sulla popolazione? Il mondo profondamente cattolico guarda al papa come alla sua guida morale. Ma il papa, allora il formidabile Bonifacio VIII si scontra violentemente con il re di Francia Filippo il Bello, e quando viene succeduto il nuovo papa decide di riallacciare i rapporti con il re di Francia e il papato si trasferisce ad Avignone (possedimento papale su suolo francese) per facilitare i negoziati e vi rimane per 70 anni. Al che tornato a Roma litiga con i cardinali, i quali eleggono un altro papa che torna ad Avignone: esistono due papi, che si scomunicano e si accusano a vicenda.
Il ‘300 è anche un secolo di rivolte contadine; mentre a Firenze esplode quella dei ciompi, di coloro che lavorano la lana. Negli spazi che si ricavano tra guerre, epidemie, crisi morali, il tenore di vita e la qualità delle produzioni cresce in raffinatezza e le città si arricchiscono di cantieri, palazzi ed edifici. Nel 1337 Nasce Giotto, nel 1386 Donatello, nel 1401 Masaccio, dal ‘200 la carta ha sostituito la pergamena. Ogni fattore di crisi ha provocato una conseguenza positiva. Le morti da epidemia, pur provocando dolore, portano anche un sollievo a una popolazione enormemente accresciuta: si possono accumulare beni, eredità, ci si risposa, si va avanti. La guerra inoltre è un affare, i mercenari che appartengono all’aristocrazia si arricchiscono e i consumi di lusso aumentano: si pagano orefici, mercanti, fabbri, i borghesi si arricchiscono: i soldi circolano e le produzioni si raffinano, come si accennava poch’anzi.
Piccola era glaciale
La Piccola era glaciale è la denominazione scientifica data a cinque secoli (1300-1850 circa) che fa parte di una sequenza più lunga di brevi mutamenti che oscillano da temperature fredde e calse. A livello artistico questi climi più freddi sono rimasti immortalati nelle opere di grandi pittori fiamminghi, che si prodigano in dettagli fantasmagorici di corse sui pattini sui fiumi ghiacciati. Un esempio è Peter Brueghel, che racconta il primo inverno della Piccola era glaciale: nel 1567 raffigura la nascita di Gesù Bambino in un paesaggio innevato. Nel dicembre 1676 Abraham Houndius dipinge una caccia alla volpe sul Tamigi ghiacciato. Non ci fu mai un gelo glaciale monolitico, bensì un’altalena climatica che produceva talvolta effetti disastrosi. Le pesanti precipitazioni e le grandi carestie del 1325-16 segnano l’inizio di questo periodo imprevedibile in Europa.

Il mutamento climatico non fu conforme a livello geografico: mentre il Nord America orientale conobbe il periodo di freddo rigido nel diciannovesimo secolo, gli Stati Uniti occidentali furono più caldi anche nel secolo successivo. Dagli anni Trenta del Seicento, l’Impero cinese Ming subisce una diffusa siccità, a seguito della quel le misure draconiane del governo provocarono rivolte e accrescimento degli attacchi dei manciù a nord. Le guerre intestine seguenti arrecarono la morte a milioni di persone, la caduta della dinastia Ming e l’avvento dei manciù nel 1644. Sempre a inizio del Seicento fame e malnutrizione provocarono epidemie mortali in Giappone. Allo stesso modo in Corea meridionali le condizioni climatiche furono deleterie per i raccolti di riso, con conseguenti epidemie. Solo alcuni decenni freddi in maniera anomala, tra il 1590 e il 1610, si verificarono contemporaneamente a livello globale. Tra il 1680 e il 1730 si ebbe il ciclo più freddo. In Gran Bretagna e nei Paesi Bassi i giorni con neve al suolo in inverno raggiunsero i 20-30, contro i 2-10 del Novecento. L’inverno 1683-84 assistesse a un congelamento nel terreno fino alla profondità di un metro e molti porti in Inghilterra occidentale, Francia settentrionale e costa olandese furono così ingolfati dal ghiaccio che la navigazione cessò in tutto il mare del Nord. Nel 1695 per buona parte dell’anno il ghiaccio bloccò il traffico marittimo intorno alla costa islandese. Tra il 1695 e il 1728 abitanti delle Isole Orcadi al largo della Scozia videro un inuit pagaiare nel suo kayak. Le aringhe, che prediligono temperature tra i 3 e i 13 gradi °C, si spinsero dalla Norvegia al Mare del Nord, per la gioia degli inglesi e con il dispiacere dei norvegesi. In Norvegia la riduzione della stagione agricola provoca cambiamenti nei commerci: tra il 1680 e il 1720 la Norvegia sviluppa una flotta mercantile incentrata sul commercio del legname.
L’inverno più rigido in Europa fu quello tra gennaio e febbraio del 1684. L’architetto e diarista inglese John Evelyn così riassume il tempo che sferzava sulla capitale britannica:
27 dicembre 1683: l’Inghilterra conosce una delle più grandi gelate degli ultimi anni.
1° gennaio 1684: si tiene un mercato sulle acque del Tamigi.
6 gennaio 1684: il fiume è completamente gelato.
9 gennaio 1684: IL Tamigi è talmente gelato che alle bancarelle si sono aggiunti postazioni pe arrostire la carne e un viavai di calessi, carretti e cavalli.
24 gennaio 1684: nel mercato sul Tamigi è comparso un torchio da tipografia, le carrozze utilizzano le acque ghiacciate come scorciatoia rispetto alle vie principali. Si susseguono combattimenti di cani, corse di cavalli, spettacoli di burattini e altri divertimenti, cucine all’aperto, mescite e altri luoghi di perdizione.
Nel frattempo nelle campagne la natura soffre: il gelo spacca gli alberi, uomini e bestiame muoiono, piante e ortaggi esotici periscono inevitabilmente, le riserve di caccia sono andate distrutte, si organizzano collette per raccogliere carbone, ormai diventato troppo caro.
Persino in Spagna l’aria è talmente fredda che il fumo fatica a sollevarsi, la città si avvelena dei miasmi del carbone, dalle tubature e dalle fontane non esce più acqua e birrai ed artigiani non riescono più a lavorare. Un analogo inasprimento del clima è conosciuto anche in Francia a partire dal 1691: il prolungarsi del freddo guasta la crescita dei cereali e le piogge sferzanti estive mietono i raccolti. Nel 1693 una primavera fredda colpisce nuovamente le coltivazioni. Il prezzo del pane aumenta e Luigi XIV fa vendere pane a buon prezzo nella capitale nel tentativo di arginare la carestia. La crisi causate dai gelidi inversi tra il 1683 e il 1694 pare che abbia decimato più vittime della guerra 1914-18. Ancora nel 1708 numerose cronache riportano che gli uccelli cadono in volo.
Una possibile spiegazione all’abbassamento delle temperature venne cercata anche all’epoca: nella seconda metà del ‘600 gli astronomi constatarono che il fenomeno delle macchie solari si era diradato terribilmente: negli anni gelidi non si riusciva a scorgerne alcuna. La scomparsa delle macchie solari interessò i decenni 1645-1715 e sul piano climatico coincise con la fase più fredda della piccola era glaciale.
La Natura è in grado di influire profondamente sull’esistenza umana, le oscillazioni di temperatura sanno provocare conseguenze importanti nella società, nella cultura, addirittura nei passatempi (si ricordi il pattinaggio sul Tamigi congelato). Dovremmo ricordarci che, invero, l’uomo non dovrebbe arrogarsi il diritto di esercitare un mutamento incontrollato sulla Natura, anche perché, come la Storia ci insegna, è destinato a subire i “capricci” climatici e non a controllarli come se ne fosse superiore.
Non uccidete il mare, la libellula, il vento.
Non soffocate il lamento (il canto!) del lamantino.
Il galagone, il pino: anche di questo è fatto l’uomo.
E chi per profitto vile fulmina un pesce, un fiume,
non fatelo cavaliere del lavoro.
L’amore finisce dove finisce l’erba e l’acqua muore.
Dove sparendo la foresta e l’aria verde,
chi resta sospira nel sempre più vasto paese guasto:
Come potrebbe tornare a essere bella,
scomparso l’uomo, la terra
Lirica Versicoli quasi ecologici, contenuta nella raccolta postuma Res Amissa, di Giorgio Caproni
Riferimenti:
La Storia. Alessandro Barbero: “Il Clima cambia nel Trecento e l’Europa non Mangia più”, link: https://www.youtube.com/watch?v=i4kfbIyypTY
https://skepticalscience.com/translation.php?a=4&l=17
Alessandro Barbero: “La peste nera”, link: https://www.youtube.com/watch?v=MnMS28TLIEM
Fagan Brian, La rivoluzione del clima. Come le variazioni climatiche hanno influenzato la storia, Sperling & Kupfer Editori S.p.a, mialno, 2001
Blom Philipp, Il primo inverno. La piccola era glaciale e l’inizio della modernità europea (1570-1700), Marsilio Editori s.p.a in Venezia, 2018
Acot Pascal, Storia del clima. Dal Big Bang alle catastrofi climatiche, Donzelli editore, Roma, 2004